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Minaccia e ingiuria: come è possibile difendersi?

Minaccia e ingiuria costituiscono un reato quando avvengono nello stesso momento? Se le offese diventano minacciose si tratta di un illecito civile o penale? Scopriamo insieme sottolineando anche come può difendersi la vittima.

Spesso quando si discute in modo animato possono scappare parole di troppo, ma in alcuni casi si supera il limite, provocando dei danni alla persona offesa.

Ledere l’onore e la reputazione altrui è un comportamento punito dal diritto italiano. In particolare se l’interessato è presente mentre ciò avviene si parla di ingiuria, mentre se è assente si tratta di diffamazione. La seconda ipotesi è più grave della prima, dato che l’interessato non può difendersi prontamente. 

Nel primo caso, comunque, il comportamento non viene punito in sede penale, dato che il reato è stato recentemente depenalizzato, ma se tra le varie offese vengono fatte anche delle minacce la questione cambia, come vedremo.

Cos’è l’ingiuria?

In Italia chi offende un altro soggetto, mentre quest’ultimo è presente, con l’obiettivo di ledere la sua reputazione e il suo onore, commette un illecito civile. 

Azioni di questo tipo, solo qualche anno fa, venivano considerate dei reati, mentre oggi a seguito della depenalizzazione, la vittima può soltanto agire in sede civile per chiedere un eventuale risarcimento danni.

Infatti, nel 2016 è stato abrogato l’art. 594 c.p che affermava quanto segue:

Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.

La pena prevista serviva come deterrente, per scoraggiare offese ingiuriose, fatte sia in modo diretto ma anche attraverso mezzi di comunicazione, quindi attraverso una telefonata, con un messaggio su WhatsApp o Messenger.

Ora le conseguenze per chi si rende responsabile di tale condotta sono di natura diversa, in particolare, attraverso una causa civile, il soggetto potrebbe essere costretto a:

  • effettuare un risarcimento danni alla vittima
  • pagare una pena pecuniaria da 100 a 8000 euro, o da 200 a 12.000 euro se si tratta di ingiuria aggravata

Ma per quale motivo il reato è stato depenalizzato?

E’ noto che la macchina della giustizia italiana è spesso intasata da troppi processi, con tempistiche molto lunghe per arrivare ad una sentenza definitiva. In sostanza nelle aule dei tribunali le cause si trascinano per anni, e spesso non c’è modo di agire nei confronti di alcuni illeciti, perchè cadono in prescrizione prima che la questione possa essere risolta.

Una situazione di questo tipo sta portano ad una graduale mancanza di fiducia dei cittadini nei confronti della giustizia. Per tentare di superare il problema, nel 2016 sono stati cancellati alcuni reati considerati minori, per concedere più spazio ai delitti e alle contravvenzioni più gravi.

​L'ingiuria aggravata

Oltre all'ingiuria, si può parlare di ingiuria aggravata, che avviene quando un'offesa grave viene fatta direttamente alla vittima, ma in presenza di persone terze, che possono condizionare le loro opinioni personali da quanto è stato detto.

Anche questa forma di ingiuria è stata depenalizzata e la "pena" massima che può essere applicata, sulla base di prove certe, è una sanzione che può arrivare a 12 mila euro. Non trattandosi più di un reato, la questione deve essere affrontata in sede civile. Sarà poi il giudice, sulla base delle testimonianze e delle prove fornite a stabilire se il responsabile dovrà pagare un'ammenda o un risarcimento.

Cos’è la minaccia?

La minaccia è a tutti gli effetti un reato, secondo quanto stabilito dalla legge italiana.
In particolare tale comportamento viene punito come descritto dall’art. 612 del codice penale:

Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro.
Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno.
Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339

La minaccia può riguardare:

  • la volontà di fare del male
  • la volontà di danneggiare un bene della vittima

La giurisprudenza italiana non ammetta alcuna forma di limitazione della libertà e della tranquillità psichica di un individuo, perciò non è rilevante il fatto che la vittima sia particolarmente suggestionabile.

Minacciando qualcuno, infatti, si possono provocare dei danni e stati di preoccupazione ed ansia tali da impedire o modificare lo svolgimento delle normali attività quotidiane.

Minaccia e ingiuria: insieme sono un reato?

Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato separatamente minaccia e ingiuria, sottolineando che nel primo caso si tratta di un reato, mentre nel secondo di un illecito civile.

Ma cosa succede se alle offese si affiancano frasi minacciose? Se i due comportamenti vengono effettuati contemporaneamente cosa prevede la legge italiana?

Come abbiamo sottolineato le espressioni ingiuriose non corrispondono più ad un illecito penale, ma le cose cambiano quando sono affiancate a frasi minacciose.
Possiamo quindi dire che minaccia e ingiuria insieme costituiscono un reato, quindi il responsabile rischia una condanna penale. La Cassazione, infatti, ha ribadito tale concetto di recente.

Devono, però, essere analizzati attentamente i fatti. La minaccia infatti, è strettamente collegata alla sensazione di pericolo, da valutarsi in relazione alle circostanze che hanno determinato tale comportamento. Il concetto cruciale è quello del danno ingiusto, ovvero delle conseguenze riportata a livello psicologico della vittima.

Il carattere intimidatorio di una frase deve essere valutato anche alla luce dei rapporti esistente tra le parti in causa. 

Minaccia e ingiuria: come difendersi?

Quando minaccia e ingiuria avvengono nello stesso momento, il comportamento del responsabile può essere punito penalmente secondo quanto previsto dall’art. 612 c.p.

Il colpevole rischia:

  • una multa fino a 1032 euro
  • la reclusione fino a un anno dei casi più gravi

Il nodo centrale è rappresentato dal danno ingiusto imminente, avvertito dalla vittima, con una conseguente limitazione della propria libertà e tranquillità.
Dopo avere sentito, ad esempio la frase “Te la farò pagare”; oppure “Guardati alle spalle”, un soggetto potrebbe vivere in costante stato d’ansia con la paura che prima o poi gli possa accadere qualcosa.

Ciò che conta è avere insinuato la paura ad altri, non il fatto di volere effettivamente agire in tal modo.

La vittima per tutelarsi può sporgere querela presso i carabinieri, ma deve rispettare i termini stabiliti dalla legge. In particolare è possibile denunciare un fatto di minaccia e ingiuria entro 90 giorni dall’accaduto. Se si tratta, però, di una minaccia aggravata, quindi effettuata con l’uso di armi o da più persone è possibile denunciare la situazione in qualsiasi momento, e in seguito si procederà d’ufficio, e non sarà più possibile ritirare la querela.

In assenza di aggravanti, invece, il colpevole potrebbe farsi perdonare, scusandosi con la vittima e convincendola a ritirare la denuncia. E’ possibile infatti effettuare la cosiddetta remissione.

Un altro modo attraverso il quale il responsabile può risolvere la questione è la riparazione, come descritto nell’art. 162 - ter del codice penale:

Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo

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