Lo sfratto dalle case popolari è possibile? La risposta è affermativa. Può verificarsi se l’inquilino non paga il canone concordato, se non rispetta le norme condominiali o del codice civile, e se i requisiti si dimostrano falsi o non più adeguati per avere diritto alla casa.
In un momento storico come quello che stiamo vivendo, non è impossibile sentire parlare di possibile sfratto dalle case popolari, in quanto sono sempre più frequenti i casi in cui soggetti singoli o nuclei familiari non hanno la possibilità di acquistare casa o semplicemente di affittarne uno, pagando i canoni standard presenti nel mercato.
La crisi economica, infatti, ha colpito e impoverito molte persone, che si sono trovate costrette a partecipare a bandi indetti dai comuni per l’assegnazione delle case popolari.
Si tratta di abitazioni messe a disposizione di soggetti disagiati, a fronte di canoni di affitto agevolati.
Ma in caso i mancato pagamento o di violazione delle norme di buona condotta è possibile lo sfratto dalle case popolari? Sì è possibile, e in molti casi avviene in quando i requisiti per l’assegnazione si rivelano non essere validi, come vedremo a breve.
Prima di chiarire in quali casi ci può essere uno sfratto da una casa popolare è utile fare una premessa per descrivere chi può avere diritto ad un’abitazione fornita dal Comune a prezzi vantaggiosi.
L’edilizia residenziale pubblica (erp) consiste in vari alloggi che possono essere concessi in locazione a persone singole o famiglie in difficoltà economica.
L’assegnazione, però, non è sempre facile. E’ necessario partecipare a un bando pubblico, ma solamente se si possiedono determinati requisiti.
Alla scadenza del bando, è possibile consultare la graduatoria per vedere i punteggi assegnati ai vari richiedenti in base alla loro situazione. I soggetti che risultano essere assegnatari di una abitazione, possono affittarla pagando un canone di affitto vantaggioso.
Va precisato inoltre che, quando si parla di nucleo familiare ci si riferisce non solo ad una coppia tradizionale formata da coniugi ma anche dai conviventi more uxorio, cioè individui legati in modo affettivo senza avere contratto il matrimonio, discendenti, ascendenti e parenti fino al terzo grado.
Ad ogni modo è necessario dimostrare che la convivenza è iniziata almeno due anni prima della richiesta, cioè ci devono essere delle prove in merito.
Solitamente viene data la precedenza a nuclei familiari composti da un persona disabile, non autosufficiente, portatrice di handicap o di età superiore a 60 anni.
Se si tratta di soggetti extracomunitari, vengono considerati gli individui per i quali è stato chiesto il ricongiungimento.
Come abbiamo evidenziato nel paragrafo precedente, le persone in difficoltà possono fare richiesta per ottenere una casa popolare dal Comune, pagando un canone agevolato.
Nella maggior parte dei casi le abitazioni vengono assegnate a genitori single con figli a carico, disabili, cittadini senza fissa dimora o giovani coppie under 35.
I Comuni possono predisporre determinate condizioni per la partecipazione al bando, ad ogni modo esistono dei requisiti base sempre validi:
Ci sono, poi, dei requisiti preferenziali, per i quali viene assegnato un punteggio maggiore in graduatoria:
Se alcuni soggetti ottengono lo stesso punteggio vengono considerate altre variabili per potere scalare di posizione, ad esempio
Ad ogni modo, come precisato sopra, ogni Comune può decidere di stabilire altre condizioni particolari.
Chi non viene selezionato rimane comunque in lista d’attesa e può sperare che si liberi qualche alloggio, o che vengano costruite nuove case.
Dopo avere visto come è possibile ottenere un’abitazione con un canone d’affitto agevolato, vediamo ora in quali casi l’inquilino rischia lo sfratto dalla casa popolare.
Per evitare lo sfratto un soggetto deve rispettare determinati doveri. Innanzitutto deve pagare regolarmente l’affitto e sostenere le spese inerenti agli spazi comuni e non può subaffittare l’alloggio oppure ospitare qualcuno senza chiedere l’autorizzazione.
Ovviamente la casa non può essere utilizzata per compiere illeciti o usi immorali e non è possibile modificare i locali senza averne il permesso. Allo stesso modo sono vietati comportamenti che possono essere pericolosi per se stessi e gli altri, come tenere sostanze tossiche e infiammabili.
Detto ciò, se vengono rispettate le norme, la casa passa di diritto ai discendenti in caso di decesso dell’assegnatario, ma bisogna inviare una tempestiva comunicazioni agli uffici competenti.
Lo sfratto dalle case popolari può avvenire anche in caso di errori di valutazione effettuati nell’assegnazione dell’alloggio.
Sono infatti frequenti le situazioni in cui i titolari delle abitazioni di fatto non possiedono i requisiti necessari e quindi si siano appropriati erroneamente di un alloggio, che poteva essere più utile ad altri.
Tra i requisiti di decadenza e quindi causa di sfratto vi sono:
Una volta che l'inquilino si è dimostrato moroso, l'ente proprietario dell'immobile può richiedere lo sfratto con diretto ricorso al presidente del tribunale; tale ricorso dovrà essere corredato da una dichiarazione del presidente dell'ente in questione che attesta la morosità dell'inquilino.
Successivamente il Giudice provvederà a notificare un'ingiunzione di pagamento all'inquilino che dovrà provvedere al saldo entro 40 giorni dalla notifica stessa, pena l'esecuzione dello sfratto.
Copia dei suddetti ricorso e ingiunzione dovranno essere inviati anche all'inquilino. In questo caso, poi, non è previsto l'atto di precetto per procedere, a condizione però che i provvedimenti siano eseguiti entro 30 giorni dalla notifica del decreto.
A questo punto l'inquilino può fare opposizione davanti al giudice che ha notificato decreto e ingiunzione, entro 40 giorni dalla notifica, con questo però, non otterrà la sospensione dell'esecuzione, salvo casi gravi, riconosciuti tali dal Giudice, nei quali questi può provvedere a emanare nuovo decreto per sospendere l'esecuzione di quello precedente.
È bene specificare che alcune modalità di sfratto o decadenza dell'assegnazione possono variare in base alle normative specifiche regionali.
Alcune deroghe in materia di sfratti sono state introdotte a seguito della pandemia da Covid-19, ovvero, in alcuni casi è stato decretato un blocco degli sfratti, in caso di morosità dell'inquilino. Suddetti blocchi hanno subito un prolungamento della scadenza che dal 31 Dicembre 2020 è stata prorogata al 30 Giugno 2021, così come disposto dal decreto Milleproroghe.
Così recita l'articolo 13, comma 13 del testo definitivo pubblicato in Gazzetta Ufficiale a Dicembre 2020:
"La sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche a uso non abitativo, prevista dall'articolo 103, comma 6 del decreto legge 17 Marzo 2020, n°18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 Aprile 2020, n°27, è prorogata sino al 30 Giugno 2021 limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all'adozione, ai sensi dell'articolo 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari."
Fonti normative:
Art. 657, 658 del Codice di Procedura Civile
Verrai contattato e riceverai i nostri preventivi entro 24 ore.
Scrivici il tuo caso: lo analizzeremo e ti metteremo in contatto con l'Avvocato più preparato nella tua zona.
A questo link trovi le informazioni e la possibilità di attivarla con lo sconto del 50% ovvero 60€ + iva anziché 120€.
Scopri l'AcademyA questo link trovi le informazioni e la possibilità di attivarla con lo sconto del 75% ovvero 90€ + iva anziché 360€.
Scopri il servizio Premium