Cerchi un avvocato esperto in
Lavoro
Guide diritto del lavoro

TFR: accantonamento e anticipo

Il TFR, cioè il Trattamento di Fine Rapporto, è la liquidazione che spetta ad ogni dipendente quando cessa il rapporto di lavoro. Il lavoratore può scegliere dove accantonare le quote di cui ha diritto, in alcuni casi particolari può chiedere un anticipo.

Negli ultimi anni il Trattamento di Fine Rapporto è diventato un argomento “bollente” in grado di scaldare gli animi di imprenditori, politici, cittadini e presentatori televisivi. D’altronde l’argomento è di grande importanza un po’ per tutti. 

Il TFR, conosciuto anche come liquidazione o buonuscita è una somma di denaro, accantonata negli anni per assicurare al lavoratore un paracadute e una piccola sicurezza economica nel caso in cui il rapporto di lavoro dovesse terminare, o almeno questi erano gli scopi iniziali.

In maniera molto semplice possiamo dire che, ogni mese un dipendente matura una piccola quota, che verrà accantonata per lui, in azienda o presso altri enti, e gli verrà restituita al termine del suo rapporto lavorativo.

Dal 2017, con la riforma del TFR, le regole del “gioco” sono cambiate parecchio. Il lavoratore, infatti, può scegliere dove accantonare ciò che sta maturando, in base al numero di dipendenti presenti in azienda.

Un’altro aspetto fondamentale è la possibilità di chiedere l’anticipo del TFR, se si devono sostenere le spese previste dalla legge.

Cos’è il TFR?

Il Trattamento di Fine Rapporto è un importo che il datore di lavoro accantona a nome del dipendente, in base alla retribuzione mensile di quest’ultimo.
Si tratta di una cifra che ha lo scopo di aiutare a livello economico un lavoratore nel momento in cui cessa il suo rapporto di lavoro. E’, quindi, una specie di paracadute, grazie al quale è possibile vivere più serenamente e con le “spalle coperte”.

Viene corrisposto quando si verificano i seguenti avvenimenti:

In altre parole, possiamo dire che è una retribuzione differita nel tempo, cioè viene ricevuta in modo posticipato, ma può essere incrementata secondo l’indice Istat, in base all’indicatore dell’inflazione.

Il lavoratore ha la possibilità di sfruttare al meglio il proprio TFR, scegliendo dove e come accantonarlo in base ai propri interessi. In particolare è possibile depositare la somma accumulata in un fondo di previdenza complementare, cioè una forma pensionistica integrativa a quella obbligatoria. Si tratta di un sistema di finanziamento che prevede la creazione di un conto personale per ogni iscritto, sul quale vengono versati i contributi che vengono investiti nel mercato. 

Inoltre, il denaro accumulato, in caso di decesso del titolare, spetterà al coniuge e ai figli, o ai parenti entro il terzo grado, seguendo la linea degli eredi legittimi.

Il diritto al TFR, ha comunque una scadenza, infatti cade in prescrizione dopo 5 anni dalla fine del lavoro.

Come si calcola?

Il TFR viene calcolata in base alle retribuzioni totali percepite in un anno dal lavoratore. La somma viene divisa per 13,5, o in caso di prestazione lavorativa di minore durata, viene suddiviso in base ai mesi effettivi di occupazione.

Il valore effettivo che è stato accantonato viene rivalutato periodicamente in base all’inflazione. In genere viene aumentato del 1,5% e dal 75% del tasso di inflazione, quindi guadagna quasi sempre.

Gli elementi che concorrono a formare la quota di TFR sono:

  • lo stipendio base
  • altre indennità previste dal contratto
  • scatti di anzianità
  • maggiorazione turni o sede disagiata
  • vitto e alloggio, se sono dovuti e non dei rimborsi spese

La riforma del 2007

A gennaio del 2007 è entrato in vigore il decreto 252/2005, cioè la cosiddetta riforma della previdenza complementare, attraverso la quale un lavoratore privato può decidere la destinazione del proprio TFR.

L’obiettivo è quello di spingere molti dipendenti ad optare per una pensione integrativa, accessoria a quella obbligatoria.

Succede quindi che, al momento dell’assunzione un soggetto può decidere come accantonare il proprio TFR: presso il datore di lavoro o in una forma pensionistica complementare.

La situazione però cambia in base al numero di dipendenti totali presenti nell’azienda. Infatti, il Trattamento di Fine Rapporto rimane davvero in azienda solamente se sono presenti meno di 50 lavoratori, in caso contrario viene versato al Fondo Tesoreria, presso l’Inps.

Un provvedimento di questo tipo ha avuto delle ripercussioni nelle casse aziendali, almeno quelle con pochi dipendenti, in quanto è stata tolta una importante forma di autofinanziamento, con lo scopo di aumentare le disponibilità dello Stato.

Complice anche la crisi economica, molte attività già vulnerabili hanno rischiato la bancarotta, in quanto hanno visto venire meno la propria liquidità.

Ovviamente non possiamo addossare completamente la colpa alla nuova riforma, ma in molti casi ha contribuito ad aggravare situazioni già al limite.

Tipologie di accantonamento

Fino all’entrata in vigore della nuova riforma, il TFR veniva accantonato in azienda, diventando una variabile importante per quanto riguarda l’autofinanziamento della stessa.

Dal 2017 i dipendenti hanno due opzioni:

  • lasciare la loro quota in azienda
  • versare la cifra nei fondi pensionistici complementari

Se un’azienda ha più di 50 dipendenti, però, gli accantonamenti vengono depositati presso il Fondo del Tesoro dell’Inps.

Nel caso in cui un soggetto opti per i fondi pensionistici complementari, la scelta può essere di due tipi:

  • fondi negoziali o chiusi: organizzati e gestiti dalle organizzazioni sindacali di categoria, hanno costi minori
  • fondi aperti: privati, simili ai fondi comuni di investimento

Ad oggi, possiamo affermare che, la maggior parte degli italiani, preferisce lasciare il proprio TFR in azienda, o presso i Fondi Inps, nonostante le nuove opportunità emerse dalla riforma.

Il Trattamento di Fine Rapporto lasciato presso il datore di lavoro si rivaluta in base all’inflazione, mentre i fondi pensione dipendono dai mercati finanziari, e dalle strategie messe in atto dai vari comparti, quindi sono più rischiosi.

Quando si può avere un anticipo?

Abbiamo visto che il TFR ha lo scopo di aiutare economicamente un soggetto nel momento in cui finisce il suo periodo lavorativo.

I soldi messi da parte, però, rappresentano una parte dello stipendio del lavoratore. Per questo motivo la legge italiana consente di ricevere un anticipo del proprio Trattamento di Fine Rapporto, sebbene con limiti e condizioni particolari.

Innanzitutto va precisato che non è possibile avere in anticipo tutto l’ammontare del proprio accantonamento, ma solamente il 70% di quanto messo da parte nel momento della richiesta.

Inoltre si tratta di una possibilità concessa solamente ai dipendenti che hanno maturato 8 anni di lavoro presso la stessa azienda.

Ma, lo Stato italiano ha messo ulteriori limiti per evitare che molti lavoratori chiedano in massa l’anticipo, creando difficoltà all’Inps o alle casse aziendali, in particolare:

  • può essere chiesto dal 10% degli aventi diritto, quindi gli 8 anni di anzianità
  • le richieste non possono superare il 4% dei dipendenti totali

Oltre ai suddetti limiti, sono state poste altre specifiche motivazioni per potere avere un anticipo del TFR. In sostanza si può ottenere solamente per:

  • spese sanitarie, terapie o interventi straordinari in strutture pubbliche
  • acquisto della prima casa, per sé o per i figli, ma si deve dimostrare con le prove, cioè con un atto notarile

TFR FONDO INPS
Condividi l'articolo:
CERCHI UN AVVOCATO ESPERTO IN LAVORO?
Ho preso visione dell’informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei dati.*

Quanto costa il servizio?
Il costo della consulenza legale, qualora decidessi di proseguire, lo concorderai direttamente con l'avvocato con cui ti metteremo in contatto.