Il Tfr, in caso di fallimento aziendale, può essere pagato dal Fondo di garanzia Inps, assieme agli ultimi tre stipendi. Vediamo come funziona e quando effettivamente si può attivare tale procedura.
Un lavoratore che perde il lavoro a causa di una crisi aziendale, matura enormi preoccupazioni in merito al proprio futuro, dato che oggi è difficile trovare una nuova occupazione, ma non solo.
Se l’azienda non ha più a disposizione del capitale il dipendente rischia anche di non ottenere ciò che gli spetta di diritto, ad esempio gli ultimi mesi di stipendio, ma anche la cosiddetta “liquidazione”, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto.
Data la situazione di grande incertezza, le somme di denaro che deve ricevere il lavoratore sono di vitale importanza per garantirgli di vivere in modo dignitoso mentre cerca una nuova occupazione.
In alcuni casi, però, i suddetti pagamenti non vengono effettuati. Come può agire il lavoratore? C’è un modo per fare valere i propri diritti?
Vediamo di seguito chi deve pagare il Tfr in caso di fallimento, e quali sono i requisiti per potere procedere.
Prima vedere chi deve pagare il Tfr in caso di fallimento aziendale, è utile fare una breve premessa per ricordare cos’è il Trattamento di Fine Rapporto.
Si tratta di una somma, comunemente definita anche come “liquidazione” o “buonuscita”, che il datore di lavoro deve pagare al dipendente, quando il rapporto lavorativo subordinato cessa, qualsiasi sia la motivazione.
Tale strumento è stato introdotto con la legge n. 297/1982 e in seguito riformato con il decreto legislativo 252/2005. Ad ogni modo il suo funzionamento è disciplinato dall’art. 2120 del codice civile:
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
In pratica, esso consiste in una parte di retribuzione accantonata, per la quale il pagamento avviene in modo differito quando il rapporto cessa.
Nel caso in cui ci fossero dei problemi o contenziosi in merito, è bene ricordarsi che il diritto a ricevere il Tfr si prescrive in 5 anni, a partire dal momento della cessazione del lavoro, come precisato dalla Cassazione con la sentenza n. 16636/2012 e n.11470/2007.
Quindi, quando un lavoratore si chiede chi debba pagare il Tfr in caso di fallimento, deve tenere in considerazione anche la prescrizione, per fare valere il proprio diritto.
Ad ogni modo tale cifra deve essere pagata quando si verificano le seguenti ipotesi:
Inoltre, va sottolineato che, in caso di decesso del titolare, il diritto spetta al coniuge, ai figli o parenti entro il 3 grado. Ovvero, la somma entra a fare parte dell’eredità.
Per comprendere chi deve effettuare il pagamento del Trf in caso di fallimento, è di fondamentale importanza comprendere che non tutte le attività possono fallire.
Il legislatore, infatti, ha previsto alcuni requisiti oggettivi e soggettivo per il fallimento aziendale.
Innanzitutto va detto che il riferimento normativo è il Regio decreto 267 del 1942, meglio noto come Legge Fallimentare, più volte modificato nel corso degli anni.
L’obiettivo, ad ogni modo, è quello di individuare delle procedure valide per riuscire a liquidare i creditori dell’azienda, tra i quali rientrano anche i dipendenti.
In pratica l’imprenditore viene sollevato dal suo ruolo e viene incaricato un curatore per trovare le risorse utili ad effettuare i vari pagamenti.
Ma quando può succedere?
Innanzitutto qualcuno, l’imprenditore stesso o i creditori, deve fare una richiesta al tribunale, per potere attivare la procedura.
Il giudice deve poi valutare la sussistenza di requisiti soggettivi. Infatti possono fallire soltanto le aziende elencate nell’art. 2195 c.c, cioè quelle che hanno l’obbligo di iscriversi nel registro delle imprese.
Tra questi vengono, però esclusi i piccoli imprenditori, cioè quello che hanno maturato un attivo inferiore a 300 mila euro ogni anno, ricavi inferiori a 200 mila euro ogni anno e debiti totali inferiori a 500 mila euro.
I presupposti oggettivi sono invece:
Inoltre, con il decreto legislativo 169/2007 è stato sottolineato che possono fallire solo le attività don debiti scaduti e non pagati superiori a 30 mila euro.
Quindi è bene tenere a mente questi aspetti quando si deve capire chi è tenuto a pagare il Tfr in caso di fallimento.
Il Trf, in caso di fallimento, può essere pagato dall’Inps, attraverso il cosiddetto “Fondo di garanzia”, uno strumento che ha lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro insolvente.
L’interessato deve inviare una specifica domanda all’Istituto, che in seguito deve effettuare il pagamento entro 60 giorni, se sono presenti tutti i requisiti previsti dalla legge. Il riferimento normativo, in questo caso è l’art.2 della legge n. 297/1982.
In particolare possono presentare la domanda i seguenti soggetti:
Ad ogni modo la situazione è diversa a seconda che:
Se l’azienda è stata dichiarata fallita, il lavoratore deve presentare una domanda al curatore per essere ammesso al passivo fallimentare. Si tratta di un atto che deve essere inviato tramite Pec, indicando quali sono i crediti specifici.
La richiesta può essere scritta dal dipendente in modo autonomo, ma il nostro consiglio è quello di farsi assistere da un bravo avvocato giuslavorista, per evitare di commettere errori.
In un secondo momento è necessario inviare la domanda per ottenere il pagamento dal Fondo di garanzia Inps, allegando i documenti in grado di confermare:
Va detto, comunque, che l’indennità di mancato preavviso ed eventuali ferie non godute, non vengono pagate dall’Istituto.
Se l’azienda non è fallita la procedura è diversa.
Prima di presentare la domanda al Fondo è necessario attivarsi per cercare di recuperare il credito, quindi attraverso una sentenza o un decreto ingiuntivo.
Perciò, attraverso tali atti di teve tentare un pignoramento dei beni mobili o immobili aziendali.
Soltanto in seguito è possibile inviare la richiesta per ottenere il pagamento.
Infine, per comprendere a pieno chi deve pagare, è utile riportare quanto sottolineato recentemente dalla Cassazione con l’ordinanza n. 9670/2019.
In pratica è stato precisato ulteriormente che il lavoratore non ha la facoltà di chiedere il pagamento dal Fondo di garanzia Inps, se prima non ha agito esecutivamente contro il datore di lavoro.
Infatti, è stato respinto un ricorso fatto da un dipendente che non aveva ottenuto il pagamento ma:
Non è stata considerata valida la giustificazione di ignoranza dell’apertura del fallimento dato che la legge assicura che terzi possano essere a conoscenza delle situazione, attraverso la consultazione di diversi atti.
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