Il domicilio fiscale di una persona fisica o giuridica è il luogo in cui vengono ricevute le notifiche degli atti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Serve per stabilire l’ufficio tributario competente in merito agli accertamenti fiscali
Nell’immaginario comune non sempre sono chiari alcuni concetti che sono alla base del normale funzionamento del nostro sistema giudiziario.
In particolare, ancora oggi, esistono molti dubbi in merito la differenza tra residenza e domicilio fiscale.
Se non si conoscono le regole si rischia di commettere errori che a volte possono costare caro. Quando si parla di domicilio fiscale, infatti, si fa riferimento all’indirizzo utile per ricevere le notifiche di atti tributari, cioè le tasse da pagare. Se tali documenti non vengono spediti all’indirizzo corretto il rischio è quello di non effettuare il pagamento entro i termini previsti.
Per il Fisco l’indirizzo presso il quale notificare le tasse da pagare è molto più importante di quello relativo alla residenza anagrafica, che non sempre coincide con il primo. Infatti, anche un soggetto residente all’estero può avere una domiciliazione tributaria in Italia.
Sebbene il concetto sia lo stesso, le norme di riferimento cambiano in base al tipo di soggetto: persone fisiche o persone giuridiche, cioè società e aziende.
Di seguito, analizzeremo in modo specifico l’argomento, fornendo un quadro completo per il cittadino o l’impresa che intende regolarizzare la propria situazione in merito all’indirizzo fiscale.
Il domicilio fiscale è il luogo in cui un contribuente può ricevere le comunicazioni dall’amministrazione tributaria, utile anche per stabilire quale ufficio presente territorialmente deve occuparsi dei controlli e degli accertamenti relativi.
In generale, i soggetti residenti in Italia sono domiciliati fiscalmente nel comune in cui sono iscritti all’anagrafe. Chi, invece, risiede altrove può essere domiciliato nel luogo in cui produce il reddito, o almeno la parte più rilevante di esso.
Le aziende sono domiciliate da un punto di vista fiscale nella località dove è stata stabilita la loro sede legale o amministrativa. Se, queste non sono presenti si considera il luogo nel quale viene svolta l’attività in modo prevalente.
In altre parole, possiamo dire che il domicilio, da un punto di vista fiscale, rappresenta la sede principale degli interessi economici di una persona, cioè il luogo in cui essi vengono gestiti abitualmente e riconosciuti da soggetti terzi.
Non è fondamentale essere sempre presenti presso un indirizzo, quanto dimostrare la volontà di rimanere. L’amministrazione tributaria può quindi verificare, attraverso il controllo delle informazioni economiche, in quale luogo sono più frequenti le attività di una persona, e dove devono essere pagare le tasse.
Le condizioni cambiano tra:
In particolare, per quanto riguarda le persone giuridiche, vengono considerati, in ordine di importanza:
In ogni caso, come vedremo in seguito, ad alcuni soggetti è consentito spostare la propria domiciliazione fiscale.
Si tratta di una questione di grande rilevanza, in quanto, in base a tale indirizzo i contribuenti pagano ad esempio l’addizionale comunale, l’IMU, la TASI, la TARI e possono usufruire di agevolazioni sulla prima casa o di particolari detrazioni.
Avere la residenza fuori dai confini nazionali, non implica automaticamente che non si debbano pagare le tasse in Italia. L’Agenzia delle Entrate, considera un soggetto domiciliato fiscalmente nel nostro Paese se ha degli interessi all’interno del territorio nazionale.
Per capire la differenza tra residenza e domicilio è utile leggere quanto afferma l’art. 43 del codice civile:
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale
Perciò, una persona risiede dove si trova la sua abitazione, ovvero la sua dimora abituale, ma può essere domiciliata altrove, ad esempio nell’ufficio o nella sede principale dei suoi affari o interessi.
L’amministrazione tributaria ha l’esigenza di conoscere l’indirizzo presso il quale può trovare il soggetto, e quindi notificare gli atti. Potere rintracciare un contribuente è di fondamentale importanza, per questo è utile distinguere i due luoghi: quello in cui vive, e quello utilizzato per l’attività professionale.
Entrambi gli indirizzi possono essere modificati, presentando una specifica domanda.
Un cittadino può essere considerato come residente in Italia, dal punto di vista fiscale se ha trascorso più di 180 giorni all’anno nel nostro Paese, fissando la propria dimora abituale e la domiciliazione delle proprie attività principali.
A tale proposito vanno considerati anche:
Abbiamo detto fino ad ora che il domicilio fiscale è rilevante, per potere notificare gli avvisi di accertamento, di liquidazione, le cartelle esattoriali, e tutto ciò che riguarda le tasse che deve pagare un individuo o una impresa.
Per le persone fisiche la notifica degli atti deve essere fatta presso il Comune nel quale sono iscritte all’anagrafe, quindi dove c’è la dimora o dove è presente un ufficio o viene esercitata una professione.
Se non risulta possibile rintracciare il destinatario, a causa delle cosiddetta irreperibilità relativa, si procede come segue:
Per le persone giuridiche le notifiche vengono fatte presso la sede della società, consegnando i documenti al rappresentante o all’incaricato. In caso di irreperibilità si procede allo stesso modo.
Bisogna sottolineare che, in seguito alla notifica tramite posta elettronica certificata, sono stati eliminati molti problemi relativi alla consegna degli atti.
Il domicilio fiscale viene dichiarato direttamente dal contribuente, ma in alcuni casi può essere individuato dal Fisco, indipendentemente dalle dichiarazioni del soggetto, considerando il luogo in cui avvengono i principali interessi dello stesso.
In ogni caso, è possibile modificare l’indirizzo. I cittadini possono cambiare residenza e domicilio senza dovere comunicare i cambiamenti all’ufficio tributario competente. La variazione ha effetto a partire dal 6o° giorno successivo alla modifica.
Le aziende devono, invece, inoltrare un modulo di domanda all’Agenzia delle Entrate, con due diverse modalità:
In ogni caso il cambiamento sarà valido a partire dal 30° giorno successivo.
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