Il danno patrimoniale può essere di due tipi: emergente e lucrante. Vediamo quali sono le relative differenze e come può avvenire un risarcimento alla vittima.
Il concetto di risarcimento danni in giurisprudenza è molto ampio, ma non sempre i non addetti ai lavori hanno bene chiaro quando è opportuno agire in giudizio per fare valere i propri diritti e quanto invece è meglio non fare nulla.
Va detto subito che per essere valido dal punto di vista del diritto, un eventuale danno riportato da un soggetto deve essere oggettivo, quindi dimostrabile, e determinato da un rapporto di causa effetto in relazione a un evento specifico.
Ad esempio se dopo avere avuto un incidente in auto, a un individuo gira la testa a casa, e cadendo si procura delle lesioni, deve dimostrare oggettivamente che il malore deriva dall’incidente e non da altri fattori.
Nelle prossime righe comunque analizzeremo in modo particolare i danni patrimoniali, ovvero quelli che comportano una perdita economica o una mancata entrata, cercando di sottolineare le differenze principali con altre tipologie previste dal diritto italiano.
Da un punto di vista giuridico il danno è un concetto oggettivo, vale a dire che deve essere quantificabile e misurabile. Ma non basta. E’ indispensabile che il problema derivi in seguito alla lesione di un diritto, ovvero attraverso il comportamento illecito di un altro individuo.
Non sempre è facile determinare da cosa può derivare una particolare condizione negativa. Spesso, infatti, si può confondere una condizione ambientale sfavorevole con atti illeciti compiuti da altri.
Come vedremo, in genere, è molto più semplice valutare i danni patrimoniale rispetto a quelli biologici, ad esempio, dato che ci sono le prove di effettive perdite economiche.
Se si tratta di problemi di salute, solamente una accurata perizia medico legale, può delineare la situazione.
In via generale, comunque, per poter effettuare una richiesta di risarcimento danni, bisogna dimostrare:
di:
Quando la vittima perde dei soldi o dei guadagni in seguito ad un illecito, si può parlare di danno patrimoniale o economico.
Come vedremo esso può essere emergente, se ci sono delle spese impreviste per rimediare a quanto è successo, oppure lucro cessante se non arrivano i guadagni previsti.
Un soggetto con un braccio ingessato per un mese, non può svolgere il proprio lavoro, e nel caso di un professionista ciò può comportare delle perdite economiche rilevanti. Ovviamente ci saranno anche delle spese extra per le cure mediche di cui ha bisogno, ma anche per riparare l’auto se c’è stato un incidente stradale.
Come abbiamo anticipato nel paragrafo precedente il danno patrimoniale si riferisce a perdite economiche derivanti da spese improvvise o mancati guadagni.
In ogni caso si tratta di una diminuzione del patrimonio del danneggiato. La risarcibilità in questo caso è relativamente semplice e meno complessa rispetto a problemi di salute o psicologici.
Per dimostrare la perdita subita, infatti, è sufficiente presentare la documentazione che attesta le spese sostenute, come ad esempio fatture, o ricevute fiscali.
Anche il lucro cessante si può provare abbastanza facilmente, dato che viene quasi sempre determinato dall’incapacità di poter svolgere adeguatamente la propria attività lavorativa.
Per fare ciò devono essere adottati alcuni specifici criteri come quello del reddito effettivo, calcolando il coefficiente di sopravvivenza e lo scarto tra vita lavorativa e fisica.
I non lavoratori che non sono occupati a causa dell’età o per altri motivi, vengono risarciti per il lucro cessante, tenendo in considerazione il triplo delle pensione sociale come parametro equitativo, come stabilito da una sentenza della Cassazione del 2011.
Ad ogni modo, si tenga anche in considerazione come altra sentenza (Cassazione n. 23761 del 14 novembre 2011), tra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non opera alcun automatismo. Ne deriva che in presenza di una lesione della salute, anche di non modesta entità, non può ritenersi ridotta nella stessa misura la capacità di produrre reddito, e il soggetto danneggiato dovrà sempre provare che l’invalidità permanente abbia inciso sulla capacità di guadagno.
In altre parole, se è pur vero che l’invalidità permanente concorre a dar luogo al danno biologico, è anche vero che la stessa non comporta necessariamente un danno patrimoniale, che andrà invece accertato dal giudice sulla base di quanto, effettivamente, la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità di svolgere l’attività lavorativa specifica sulla capacità di guadagno, con il giudice che dovrà anche accertare se e in quale misura il soggetto possa continuare a esercitare la propria professione, o altre professioni, dopo e nonostante l’infortunio subito.
Il danno non patrimoniale è il danno che il soggetto soffre in seguito alla violazione di un valore della personalità umana, con risarcimento nei casi previsti ex art. 2059 c.c. Con valutazione tendenzialmente equitativa, il danno non patrimoniale si sommerà al danno patrimoniale.
A sua volta, concettualmente, il danno non patrimoniale potrà essere differenziato in:
Rappresenta una ipotesi separata il c.d. “danno da morte”, o danno tanatologico, inteso come la consapevolezza dell’imminente fine della vita.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno infatti più volte rammentato come la sofferenza patita dalla vittima durante l’agonia che la separa dalla morte sia autonomamente risarcibile non tanto come danno biologico, bensì come danno morale, ovvero come sofferenza della vittima che assiste all’avvicinarsi del proprio decesso.
Opinione prevalente in ambito giurisprudenziale evidenza in questo ambito che il danno risarcibile in capo al danneggiato si tramette agli eredi solamente se tra il momento della lesione e quello della morte sia trascorso un arco temporale “apprezzabile”, in modo tale che possa effettivamente configurarsi un’effettiva compromissione dell’integrità psico-fisica del soggetto leso.
Ultima ipotesi contemplata in questo approfondimento sui danni patrimoniali e non patrimoniali è legata alla morte del congiunto.
Ad essere risarcibile è il danno morale subito dal defunto, inteso come danno terminale che viene avvertito da colui o colei che, in condizioni di lucidità e consapevolezza mentale, sente venir meno la propria vita, con conseguente trasmissibilità agli eredi. Viene risarcito anche il danno morale subito dai congiunti, a patto che siano forniti elementi idonei per la prova, anche in via presuntiva.
Da giurisprudenza prevalente emerge anche che è risarcibile il danno biologico subito dai congiunti, a patto che il danno alla salute sia provato mediante il ricorso a una consulenza medico legale, così come è risarcibile il danno patrimoniale che prima abbiamo inquadrato nel lucro cessante, ovvero la mancata contribuzione del defunto alle necessità della famiglia.
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