Il risarcimento per danno biologico viene fatto considerando le cosiddette “tabelle milanesi”, cioè un raffronto tra vari parametri relativi a una situazione concreta. Si tratta di parametri uniformi, utilizzati per eliminare possibili disparità di trattamento tra i soggetti.
Parlando di risarcimento per danno biologico si vanno a toccare diversi diritti, sanciti dalla nostra Costituzione.
In particolare la salute è considerata un diritto inviolabile dell’uomo, e quindi riconosciuta nell’art 2, come possiamo leggere di seguito:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità
In modo più specifico, viene trattata poi nell’art. 32, come segue:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti
Il danno biologico, pertanto, è un argomento di grande interesse per la giurisprudenza italiana, in quanto lo Stato si impegna espressamente a proteggere l’integrità fisica e psichica degli individui.
Non è stato facile, però, riuscire a trovare delle normative adeguate in grado di mettere i soggetti tutti sullo stesso livello di equità. Infatti il calcolo relativo all’ammontare del risarcimento per danno biologico non contiene dei parametri oggettivi e c’è il rischio di non assolvere a un altro principio contenuto della nostra Costituzione, cioè quello sancito dall’art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Il problema è stato risolto con le cosiddette "tabelle di Milano", come vedremo.
Il danno biologico consiste in lesioni dell’integrità fisica o psichica di un individuo provocate da determinate circostanze. Risulta ovvio che il concetto di salute sia considerato dalla giurisprudenza in modo ampio, tenendo in considerazione anche il benessere psico-fisico del cittadino.
Viene valutato sia il danno permanente, sia quello reversibile, ma per calcolare il reale ammontare del risarcimento ci sono stati vari dibattiti negli anni, per riuscire a trovare una modalità per determinare in modo oggettivo il giusto valore. Non è stato per nulla facile trovare una soluzione in quanto sono coinvolti diversi diritti da rispettare.
In particolare la Corte di Cassazione, ne ha dato una definizione attraverso la sentenza 11039/2006, affermando che il danno biologico consiste in ripercussioni negative, di carattere non patrimoniale e associate a una lesione psicofisica.
Si tratta quindi di una circostanza in grado di ledere un diritto costituzionalmente garantito e per questo rientra tra i principi dell’art. 2043 del codice civile, in materia di risarcimenti.
Un’altra normativa di riferimento è il decreto legislativo 38/2000, nel quale il danno non patrimoniale viene descritto come una lesione psicofisica, risarcibile senza valutare esclusivamente la capacità o la possibilità di produrre reddito da parte del danneggiato.
Ciò è stato sottolineato in quanto in passato veniva quantificata la lesione subita in base ai soldi che un soggetto non era più in grado di guadagnare, non essendo in grado di recarsi al lavoro. Si trattava di un concetto che non rispettava completamente l’art. 3 della Costituzione, in quanto poneva una distinzione tra soggetti lavoratori e non occupati.
Come vedremo a breve, la soluzione definitiva per garantire il principio di equità è stata l’adozione di tabelle, create in base a parametri standard.
Per essere risarcito il danno, sia fisico che psichico, deve essere generato da una condotta altrui, di tipo doloso o colposo. Può succedere, ad esempio, che un soggetto provochi una ferita o una frattura a un altro, oppure che sia la causa di ansia o stress gravi.
E’ opportuno quindi sottolineare anche la differenza tra:
A volte il confine tra i due concetti non è facile da delineare, perché il soggetto responsabile deve avere una chiara rappresentazione della realtà circostante per poter agire consapevolmente o meno, e per valutare la probabilità di rischio.
In entrambi i casi, comunque la legge italiana punisce tale comportamenti, anche se vengono considerati più gravi se effettuati con dolo.
Nel corso degli anni sono cambiate spesso le definizioni date dalla giurisprudenza in merito alla valutazione del risarcimento per danno non patrimoniale.
In passato veniva considerato il reddito percepito da colui che aveva subito il danno, per calcolare la somma di cui aveva diritto. Bisogna perciò valutare il tipo di professione e la retribuzione relativa, per capire quanti soldi stava perdendo il danneggiato a causa del suo problema di salute.
Risulta ovvio che un criterio di questo tipo non è sufficiente, e non garantisce uguali diritti a tutti i cittadini.
E’, stato quindi aggiunto un ulteriore parametro, relativo alla percentuale di invalidità presente. Ma, anche in questo caso non veniva assicurata l’uguaglianza degli individui di fronte alla legge. Uno studente o una casalinga, infatti, avrebbero ricevuto dei risarcimenti minori rispetto a un titolare di azienda. Si tratta di una diseguaglianza su base economica non ammessa dalla nostra Costituzione.
La questione è stata particolarmente difficile da affrontare, in quanto sono coinvolti diversi diritti da tutelare. La soluzione è stata trovata ricorrendo alle “tabelle milanesi", elaborate dal Tribunale di Milano, mettendo a confronto vari dati e parametri in modo uniforme.
Le tabelle sono state approvate anche dalla Corte di Cassazione, che ne ha confermata la validità e l’efficacia per valutare l’entità del risarcimento per danno non patrimoniale in modo equo.
Si tratta ormai di un riferimento utilizzato in tutti i Tribunali italiani, per eliminare possibili disparità di trattamento.
Abbiamo detto che non è stato facile trovare dei parametri oggettivi per potere calcolare in modo corretto il risarcimento per danno biologico, evitando di entrare in contrasto con il principio di equità sancito dall’art 3 della Costituzione. Tutti i cittadini, infatti, devono venire considerati uguali di fronte alla legge.
Ma, esattamente come si calcola?
Generalmente vengono prese in considerazione le seguenti voci:
Per determinare la condizione psicofisica, in ogni caso, è necessario l’intervento di un medico legale, per esaminare con accuratezza la salute dell’individuo, valutando il grado di invalidità.
Per calcolare l’invalidità temporanea vengono conteggiati i giorni necessari per la guarigione, e per riprendere le normali attività di tutti i giorni. Non viene considerato lo stipendio percepito dal danneggiato per determinare la somma dovuta.
Per l’invalidità permanente, invece, viene presa in considerazione l’età del soggetto e il grado di invalidità.
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