L’art 595 cp descrive il reato di diffamazione, ovvero lesione all’onore e alla reputazione di un soggetto effettuate mentre quest’ultimo non è presente. Può essere effettuato attraverso mezzi di comunicazione come la stampa, ma anche blog e social network.
Negli ultimi anni, grazie alla rapida diffusione di nuovi strumenti e modalità comunicative, è cresciuto anche il numero delle denunce fatte per atti diffamatori. In un certo senso i social network hanno ampliato ciò che prima accadeva nelle piazze fisiche delle nostre città, e spesso accade che vengano pubblicati post, foto o commenti in grado di offendere anche pesantemente qualcuno.
L’art 595 cp, in tal senso lascia aperta l’interpretazione, lasciando intendere che possono essere inseriti in tale casistica anche reti commesso attraverso il web.
Vediamo, quindi, di capire attraverso il seguente articolo, in quali casi un soggetto può essere punito per avere rovinato la reputazione di un altro.
Il reato descritto dall’art 595 cp si riferisce alla diffamazione, ovvero alla lesione dell’onore e della reputazione di un individuo che non è presente per potersi difendere. L’obiettivo è quello di rovinare la stima e la fiducia che quest’ultimo gode nell’ambiente sociale di riferimento.
Ma vediamo esattamente cosa dice l’articolo del codice penale:
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa [57-58bis] o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [2699], la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio [342], le pene sono aumentate
Per capire a pieno quando si verifica una situazione di questo tipo, dobbiamo analizzare il significato della parola reputazione, per sottolineare il danno che tale reato può provocare a un soggetto che ne diventa vittima.
Si tratta, infatti, di un senso di dignità percepito dalla persona, misurando l’opinione che altri hanno nei suoi confronti. A volte non è importante che una notizia sia vera o falsa, dato che in ogni caso può insinuare dei dubbi.
Come possiamo leggere le pene previste sono:
Volendo analizzare, invece, l’aspetto soggettivo del reato, possiamo dire che si tratta di:
La legge punisce soltanto il dolo generico, quindi i comportamenti attuati con l’obiettivo di recare danno ad altri.
L’art 595 cp sottolinea che la diffamazione a mezzo stampa, risulta essere un’aggravante dato che è possibile raggiungere un numero maggiore di individui e l’informazione diventa così pubblica.
Tale concetto entra inevitabilmente in conflitto con un altro diritto tutelato dalla Costituzione italiana, in particolare dall’art.21 che afferma quanto segue:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Detto ciò, come può essere garantita la libertà di espressione e allo stesso tempo il diritto a non vedere lesa e rovinata la propria reputazione?
Risulta evidente che la stampa deve, comunque, operare nel rispetto di determinati limiti.
Il cosiddetto diritto di cronaca, infatti, deve rispettare alcune regole fondamentali, per evitare di sfociare nel reato di diffamazione. Devono essere rispettati i seguenti requisiti:
Ci sono, però, delle modalità comunicative e informative che prevedono l’utilizzo di un linguaggio particolare per essere efficaci, stiamo parlando del:
Per questo motivo non è possibile limitare il linguaggio dato che si tratta di una espressione artistica.
L’art 595 cp sottolinea che il reato è più grave “se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”. La definizione, quindi, è rimasta volutamente aperta per potere includere tutte le nuove tecnologie, che cambiano rapidamente.
Quando si parla di frasi diffamatorie online, si fa riferimento quasi sempre a post pubblicati su Facebook, visibili quindi da molte persone.
Dal 2014, infatti, la Cassazione ha inglobato il social network più diffuso al mondo all’interno delle aggravanti del reato, anche se si tratta di un mezzo ludico e non di informazione nel senso più stretto del termine.
In passato Facebook veniva considerato come un ambiente virtuale chiuso, non paragonabile al web in generale, ma negli ultimi anni c’è stato un profondo cambiamento interpretativo, dato che le notizie e le frasi pubblicate al suo interno hanno un valore significativo per la vita sociale degli individui.
Per concludere è importante sottolineare che le offese rientrano in ambito penale soltanto se sono fatte in assenza della vittima, ovvero quando quest’ultima non è presente per difendersi prontamente e limitare i danni.
Se invece l’interessato è presente si tratta di ingiuria, ovvero un illecito civile, dato che il reato è stato recentemente depenalizzato.
Ciò significa che il soggetto può agire soltanto in sede civile, citando in giudizio il responsabile chiedendo un risarcimento dei danni.
Per agire in tal senso però, bisogna avere delle prove certe di quanto è accaduto, per non rischiare di perdere la causa e dovere sostenere anche le spese legali della controparte.
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