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Congedo matrimoniale: cos’è e chi ne ha diritto?

Il congedo matrimoniale è un periodo di astensione dal lavoro,corrispondente generalmente a 15 giorni, riconosciuto ai dipendenti che si sposano. Ma cosa avviene se la coppia si sposa solo in Chiesa? Il diritto è valido anche per le unioni civili?

Lo Stato italiano prevede un periodo di astensione dal lavoro, retribuito, per i soggetti che hanno deciso di sposarsi. 

Il matrimonio è momento importante nella vita di un soggetto, per questo motivo il legislatore ha previsto tale opportunità, che può essere sfruttata dagli interessati a ridosso del giorno delle nozze. 

Il datore di lavoro, comunque, deve essere informato per tempo, per avere modo di organizzare le varie attività aziendali senza avere ripercussioni negative. Il giorni possono anche essere posticipati rispetto alla data effettiva della celebrazione, a patto che non passi troppo tempo.

Ad ogni modo è interessante capire se tale opzione è concessa a tutti i tipi di unioni, quindi anche quelle civili tra soggetti dello stesso sesso o solo per i matrimoni religiosi.

Di seguito, quindi, analizzeremo l’argomento cercando di descrivere in quali casi è possibile ottenere tale beneficio.

Cos’è il congedo matrimoniale?

Il congedo matrimoniale è un periodo di tempo, corrispondente in genere a 15 giorni, durante il quale un soggetto può astenersi dal lavoro, ricevendo lo stesso la retribuzione

Per capire esattamente l’ammontare dei giorni è necessario, comunque, consultare il proprio Contratto Collettivo.

L’intento del legislatore è quello di dare la possibilità a chi si sta sposando di concentrarsi esclusivamente su tale momento, senza preoccuparsi della propria occupazione lavorativa.

Sebbene oggi il matrimonio raramente dura per sempre, viene ancora considerato come uno dei passi più importanti della vita, un momento importante da vivere seriamente.

Si tratta di un’opportunità per dedicare del tempo alla propria vita privata senza interferenze con il mondo lavorativo. Tale diritto è stato introdotto per la prima volta dal Regio Decreto Legge n. 1334 del 1937. Inizialmente era previsto soltanto per gli impiegati, successivamente anche agli operai nel 1941, ed esteso a tutti i lavoratori al giorno d’oggi.

Esistono però delle differenze per quanto riguarda l’indennità e le modalità di fruizione, in base alla tipologia di contratto sottoscritto con l’azienda.

L'assegno corrisposto

Da un punto di vista economico, durante il congedo al lavoratore spetta la normale retribuzione, considerando che:

  • le festività ricadenti in tale periodo vengono pagate a parte
  • vengono comunque maturati i ratei ferie e il tfr nei giorni in cui il soggetto non lavora

La situazione, però, è leggermente diversa per quanto riguarda le seguenti categorie di lavoratori, dipendenti di aziende industriali, artigiane o cooperative:

  • operai
  • apprendisti
  • lavoratori a domicilio

In questo caso, infatti, le spettanze vengono corrisposte solo parzialmente con un assegno a carico dell’Inps, con importo pari a 7 giorni lavorativi

Al datore di lavoro spetta l’onere di integrare la cifra per garantire la normale retribuzione per tutto il periodo.

L’assegno è corrisposto direttamente dall’Inps, invece, se si tratta di lavoratori:

  • disoccupati che siano stato occupati almeno per 15 giorni, negli ultimi 3 mesi
  • disoccupati a seguito di dimissioni date per contrarre il matrimonio
  • licenziati per cessazione dell’attività
  • assenti dal lavoro per giustificato motivo, ad esempio per malattia
  • extracomunitari che si sposano in uno stato estero, che lavorano per una azienda italiana, sono residenti nel nostro Paese e acquisiscono lo status di coniugati in Italia

L'indennità viene calcolata a parte rispetto alle ferie, ma i giorni devono essere richiesti tempestivamente al proprio datore di lavoro, per evitare di creare disagi in azienda.

Non è obbligatorio che il matrimonio rientri nei 15 giorni concessi, ma la distanza non deve essere eccessiva. Non esiste un limite temporale imposto dalla legge, ma deve trattarsi di un periodo ragionevole. Ad ogni modo i giorni devono essere fruiti in modo consecutivo.

Congedo matrimoniale per chi si sposa solo in chiesa

Fino ad ora abbiamo detto che il congedo matrimoniale corrisponde a 15 giorni di assenza dal lavoro, ricevendo comunque la retribuzione.

In Italia, però, è possibile sposarsi in diversi modi, quindi è utile approfondire le varie situazioni e verificare quando i soggetti hanno effettivamente il diritto di godere di tale beneficio.

Senza dubbio il matrimonio più “classico” è quello celebrato in chiesa. Esso viene definito “concordatario” se a seguito della celebrazione religiosa l’atto viene trascritto anche nei registro dello stato civile. Si tratta di un accordo stabilito tra stato e chiesa nel 1929 a seguito del Concordato lateranense.

La trascrizione dell’atto non ha solo uno scopo pubblicistico e dichiarativo, ma anche costitutivo, nel senso che tale operazione è fondamentale per dare vita agli effetti civili del matrimonio cattolico. Gli sposi che non effettuano tale trascrizione, risultano sposati soltanto per la Chiesa.

Risulta ovvio, quindi, che le norme civili non possono essere applicate a un atto che ha valore soltanto all’interno della specifica fede religiosa. 

Quindi per dare una risposta i dubbi che abbiamo sollevato in questo articolo, il congedo può essere chiesto soltanto dalle coppie che hanno celebrato un matrimonio concordatario, ovvero con il rito religioso, poi trascritto nei registri civili.

Congedo matrimoniale per chi si sposa solo civilmente

La coppia che decide di sposarsi civilmente non ha alcun problema nel richiedere i 15 giorni di congedo, visto che si tratta di un atto civile regolarmente trascritto nei registri.

Va sottolineato, comunque, che per avere il diritto all’indennità non bisogna fare trascorre troppo tempo dalla celebrazione alla richiesta dei giorni. Ad esempio se marito e moglie decidono di sposarsi anche con un rito religioso, a seguito di quello civile.

A tal proposito va sottolineato che tale opportunità può essere sfruttata anche più di una volta nell’arco della vita lavorativa. Come sappiamo, infatti, al giorno d’oggi sono frequenti i divorzi e i casi in un cui un soggetto contrae un nuovo matrimonio, anche dopo essere diventato vedovo.

Congedo matrimoniale per le unioni civili

Con la legge n.76 del 2016, detta anche Legge Cirinnà, sono state regolamentate le unioni civili, in riferimento anche a soggetti dello stesso sesso. 

Le coppie omosessuali, vengono definite come “specifiche formazioni sociali” che possono usufruire di determinati diritti. 

Lo scopo è quello di attuare quanto previsto dall’art. 2 della Costituzione, che afferma:

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale

L’unione civile può avvenire tra maggiorenni, di fronte a un ufficiale di stato e due testimoni, e successivamente registrata negli appositi registri. I diritti sono gli stessi previsti per il matrimonio civile, anche per quanto riguarda il congedo.

Le differenze sono le seguenti:

  • non c’è l’obbligo di utilizzare il cognome dell’uomo come cognome comune
  • il periodo tra la separazione e il divorzio è di soli 3 mesi, invece di 6

Ad ogni modo i soggetti possono usufruire, allo stesso identico modo, di un periodo di assenza dal lavoro per dare la priorità alla loro vita privata, secondo quanto previsto dalla legge in vigore.

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