La prescrizione dei sinistri stradali va esaminata tenendo a mente innanzitutto i principi generali sanciti dal codice civile italiano in materia di prescrizione. Vediamo in che modo il termine prescrizionale opera in questa particolare branca del diritto al risarcimento del danno.
La prescrizione è un istituto giuridico, per il quale il decorso del tempo comporta l'estinzione di un diritto soggettivo non esercitato dal titolare. La legge, infatti, mette a disposizione un periodo di tempo, terminato il quale, il diritto non può più essere esercitato.
La ratio è quella della certezza dei rapporti giuridici!
L'ordinamento civile italiano prevede, innanzitutto, un termine di prescrizione lungo, fissato in dieci anni (cd. termine ordinario), ma sono previsti termini più corti per determinate tipologie di diritti.
L'art. 2947 del codice civile, infatti, stabilisce in primis un termine prescrizionale di cinque anni per il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato.
La norma prevede, invece, un termine di due anni per il risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli.
Giova precisare che il citato termine opera solo per i danni che derivano dalla circolazione dei veicoli e non per quelli ad essa connessi, come l'insidia o il trabocchetto, che sono soggetti al termine quinquennale.
Opera, quindi, in codesta materia una prescrizione biennale!
Occorre stare in campana, poichè decorsi più di due anni dall'ultimo atto interruttivo, non sarà più possibile far valere il diritto al risarcimento.
Di solito, prima di agire in giudizio, è opportuno mettere in mora la compagnia assicurativa e stare attenti a che non decorrano più di due anni dalla richiesta di risarcimento.
La prescrizione dei sinistri stradali, come tutte le prescrizioni d'altra parte, si interrompe con l'inoltro di una nuova richiesta; in questo modo i due anni decorrono nuovamente.
La richiesta di risarcimento, inoltre, è condizione di proponibilità della domanda giudiziaria, tant'è che l'art. 145 del codice delle assicurazioni private subordina al decorso di un certo lasso di tempo la possibilità per il danneggiato di proporre l'azione civile; più precisamente dall'inoltro della messa in mora devono decorrere sessanta giorni in caso di soli danni a cose e novanta giorni per le lesioni fisiche.
Una rilevante eccezione in tema di prescrizione biennale in caso di sinistro stradale, è rappresentata dal caso in cui il danno sia stato cagionato da un fatto che per la legge costituisce reato per il quale è previsto un termine di prescrizione superiore ai due anni.
L'art. 2947 del codice civile, al terzo comma, infatti, prevede che all'azione civile si applicherà la prescrizione più lunga prevista ai fini penali, anche se tale azione viene proposta non nei confronti dell'autore del reato, ma nei confronti di chi deve risponderne a titolo di responsabilità indiretta (ad esempio il responsabile civile o il civilmente obbligato alla pena pecuniaria).
Giova, però, precisare che il diritto al risarcimento del danno si prescrive, comunque, in due anni se il reato si estingue per una causa diversa dalla prescrizione o se, nel giudizio penale è intervenuta una sentenza irrevocabile; il dies a quo è costituito dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è diventata irrevocabile.
Il supremo organo nomofilattico, in alcune interessanti pronunce in materia di risarcimento del danno da sinistro stradale, ha affermato: "Il diritto al risarcimento del danno derivante da reato è soggetto al più lungo termine prescrizionale, previsto dall'art. 2947 c.c., comma 3, sia quando il risarcimento sia domandato dalla vittima del reato, sia quando sia richiesto da persone che pur avendo risentito del danno in conseguenza del fatto reato, non siano titolari dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice". ( Cass. n. 16481/2017).
La previsione di un termine prescrizionale diverso serve, innanzitutto, a tutelare l'affidamento del danneggiato circa la conservazione dell'azione civile negli stessi termini utili per l'esercizio della pretesa punitiva dello Stato.
Si evita, così, che il tempo per la pretesa risarcitoria non spiri prima della definizione del processo penale.
Il terzo comma dell'art. 2947 tuttavia, ha generato varie diatribe interpretative sulle tipologie di pronunce che in sede penale potessero essere equiparate ad una sentenza irrevocabile di condanna.
Un'equiparazione alla sentenza irrevocabile di condanna è stata fatta relativamente al patteggiamento, con prescrizione del diritto al risarcimento del danno entro due anni.
La stessa cosa non può dirsi per l'archiviazione!
Il decreto di archiviazione, infatti, non può essere equiparato ad una sentenza irrevocabile di condanna, poichè non presuppone un accertamento pieno dei fatti, in quanto esso conclude soltanto la fase delle indagini preliminari.
Se il fatto non costituisce illecito penale, il diritto al risarcimento si prescrive in due anni, mentre in caso di reato, operano le regole previste dal codice penale, in tema di prescrizione da reato.
Se, invece, pur costituendo il fatto reato, non si innesca nessun procedimento penale, è comunque applicabile la più lunga prescrizione prevista per il reato.
Occorre chiarire che il concetto di incidente stradale comprende, altresì, qualsiasi situazione che esorbiti dalla normale marcia di un veicolo in area aperta alla pubblica circolazione.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che il concetto di circolazione stradale, ai fini dell'art. 2054 c.c., comprende anche la circolazione statica, ossia non solo i momenti di transito dei veicoli, ma anche quelli di quiete, in quanto costituiscono anch'essi un'utilizzazione della strada.
La Corte ha affermato che il tempo massimo per chiedere un risarcimento in caso di sinistro stradale sia che in esso sia coinvolto più di un veicolo sia che ne riguardi uno solo, è di due anni.
E' questo il caso del danno connesso alla circolazione stradale, per il risarcimento del quale non opera il termine breve.
Dell'insidia e/o trabocchetto non troviamo nulla nel diritto positivo, esse sono figure di creazione giurisprudenziale.
L'esigenza primaria è stata quella di limitare la responsabilità delle pubblica amministrazione a fronte di richieste risarcitorie.
Non ogni situazione di pericolo stradale costituisce un'insidia, ma soltanto un pericolo occulto della strada.
Ai sensi dell'art. 2051 del codice civile, sussiste la responsabilità del Comune proprietario e custode della strada su cui si verifica un sinistro se l'evento può essere causalmente ricollegato al cattivo stato di manutenzione della strada, indipendentemente dalla maggiore o minore estensione della stessa e il Comune non abbia fornito prova dei fatti impeditivi della sua responsabilità.
Il Comune, in altri termini, ha l'onere di provare che l'utente danneggiato poteva, con l'uso dell'ordinaria diligenza, prevedere l'anomalia del manto stradale o, comunque, di dimostrare il caso fortuito, come, ad esempio, il comportamento colposo del danneggiato, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la custodia della cosa e l'evento dannoso.
Come già accennato in questo caso non opera il termine biennale per la prescrizione.
L'art. 2947 c.c. stabilisce che il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.
Tale principio trova applicazione in tutti i rapporti tra privati che non ravvisino la loro fonte in un contratto.
Nel 2017, tuttavia, vi è stata un'importante pronuncia della Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto che il termine per chiedere il risarcimento alla Pubblica Amministrazione sia di 120 giorni e non di cinque anni. (Sent. N. 94 del 04 maggio 2017).
Coloro che non agiranno entro il predetto termine, infatti, si vedranno rigettare la richiesta risarcitoria per intervenuta prescrizione.
Tale termine può essere interrotto con l'inoltro di una lettera di diffida da notificare al destinatario entro 120 giorni; in tal modo il termine inizia a decorrere nuovamente.
La ratio è quella di non esporre le Pubbliche Amministrazioni al rischio di vedersi evocate in giudizio dopo considerevoli lassi temporali; per questo il Giudice delle Leggi ha ritenuto congruo il termine dei 120 giorni.
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