Cerchi un avvocato esperto in
Lavoro
Guide diritto del lavoro

Qual è la differenza tra mobbing e straining?

Il termine inglese "straining" significa letteralmente forzare, mettere sotto pressione. Questa parola identifica una forma di disagio causato al lavoratore, vittima di un atteggiamento vessatorio diverso dal mobbing. Analizziamo in dettaglio le differenze fra i due fenomeni.

Se il termine "mobbing" è entrato da tempo nel vocabolario comune, meno noto risulta essere il fenomeno dello "straining". I due fenomeni differiscono soprattutto per la modalità con la quale viene attuata la condotta lesiva verso il lavoratore. Definiamo anzitutto in dettaglio le caratteristiche di queste due strategie vessatorie.

​Cos'è il mobbing

Il mobbing consiste in una serie di azioni ostili e diversificate, perpetrate con continuità nel corso del tempo, che prendono di mira il lavoratore sino a comprometterne lo stato di salute psicofisica. Queste condotte possono essere attuate dal datore di lavoro, ma anche da colleghi e responsabili. La vittima viene aggredita in vario modo: ridicolizzata dinnanzi ai superiori, spostata di ufficio o mansione, emarginata, talvolta addirittura sabotata attraverso azioni illegali. Tutto ciò in quanto ritenuta soggetto "scomodo", non gradito, e dunque da indurre ad abbandonare il posto di lavoro. 

La definizione di questa forma di abuso attuata sul luogo di lavoro si deve anzitutto agli studi condotti da psicologi e sociologi, grazie ai quali si è potuta identificare una situazione di rilevanza giuridica. Le azioni ed i comportamenti che configurano il mobbing possono essere immediatamente riconoscibili come illeciti, ma non è sempre così: talvolta infatti, può trattarsi di atti che, esaminati isolatamente, non sembrano rappresentare alcuna forma di illecito e assumono le sembianze dell'esercizio di ordinari poteri di direzione spettanti al datore di lavoro. Ciò che fa la differenza, configurando la presenza del mobbing, è l'inserimento di questi atti all'interno di un più ampio contesto vessatorio, fatto di forme di ostilità ed aggressioni ricorsive a carattere sistematico.

Affinché si possa parlare di mobbing è dunque necessario che la persona sia sottoposta a molestie che si palesano come comportamenti ostili e aggressivi, continui e frequenti nel tempo, che la vittima ravvisi un danno alla propria salute (fisica e/o psichica), che tale danno sia dimostrabile e correlabile alle molestie subìte.

​Cos'è lo straining e come riconoscerlo

Straining è un termine di derivazione inglese, più precisamente connesso al verbo to strain, che potremmo letteralmente tradurre con "sforzare", mettere sotto stress. 

Lo straining è dunque una condotta attuata dall'aggressore (strainer), a danno della vittima (lavoratore), tramite una singola azione, una forma di molestia unica ed isolata che tuttavia sottopone il destinatario ad uno stress forzato e lo trascina in uno stato di malessere che si protrae nel tempo. La condizione di stress vissuta dall'individuo non dipende dalla tipologia di mansione svolta, non è connaturata al tipo di compito assegnatogli. In parole povere, non si tratta di una forma di stress normale e prevedibile, bensì di un sovraccarico determinato da intenti discriminatori da parte di un superiore. 

La definizione di questa tipologia di molestia è stata esplicitata in tempi relativamente più recenti da Harald Ege, psicologo del lavoro e già principale studioso del fenomeno del mobbing. Tale definizione si è rivelata necessaria per l'inquadramento di quelle tipologie di azioni vessatorie in grado di cagionare un danno anche consistente al lavoratore, e che tuttavia mancano di quel carattere di sistematicità che permetterebbe di far appello al concetto di mobbing. 

Ne è un esempio il demansionamento: il lavoratore viene privato delle sue mansioni abituali attraverso una decisione repentina ed eclatante attuata da un superiore. Non si tratta dunque di un insieme di condotte reiterate o diversificate ai danni del dipendente, bensì di un'unica azione di portata decisiva che impatta sensibilmente sul rapporto fra il lavoratore e l'ambiente di lavoro. 

Per poter parlare di straining, deve configurarsi uno stato di persistente inferiorità del lavoratore nei riguardi dello strainer, la cui azione è dettata da un mero intento discriminatorio. Risulta in tal caso cruciale la possibilità di mettere in luce tale intento, la quale rappresenta una vera e propria linea di demarcazione rispetto a decisioni in capo al datore di lavoro dettate al contrario da necessità aziendali o provvedimenti disciplinari legittimi.

Mobbing e straining a confronto

​Differenze tra il fenomeno del mobbing e lo straining

Alla luce di quanto precedentemente descritto, appare chiaro come la prima differenza fra il mobbing e lo straining riguardi il fattore temporale: il mobbing è l'esito di una strategia mirata, costellata da tante diverse iniziative perpetrate nel tempo a scapito del lavoratore. Nel secondo caso invece, il comportamento lesivo può essere rappresentato da un'unica circostanza, le cui conseguenze negative sono di ampia portata per la vittima.

Un altro elemento concerne l'identità di colui o di coloro che attuano condotte vessatorie e/o illecite a scapito del lavoratore: in quanto strategia sistematica, il mobbing può essere attuato anche da un gruppo di colleghi, di pari grado che non hanno potere decisionale diretto sull'attività del lavoratore (ad esempio, non possono disporre repentinamente il demansionamento della vittima), mentre solitamente nello straining, colui che attua la singola azione ostile detiene una posizione di superiorità rispetto al lavoratore (un superiore, un responsabile, il datore di lavoro) in virtù della quale ha la possibilità di imporre decisioni che minano fortemente il benessere del sottoposto. 

​Elementi che accomunano le condotte vessatorie ai danni del lavoratore

In entrambe le tipologie persecutorie, deve sussistere la volontà di discriminare e/o emarginare la vittima, volontà in genere dettata dalla necessità di spingere la persona ad allontanarsi tramite dimissioni o licenziamento, oppure dalla necessità di ridimensionarne in qualche modo il ruolo e l'influenza a livello aziendale. Le azioni sono considerate illecite e non motivate da legittime necessità organizzative o disciplinari aziendali. 

In ambo i casi deve essere inoltre dimostrabile la strategia o l'azione illecita, così come la sussistenza di un danno esistenziale specifico, rappresentato da un peggioramento o decadimento della qualità della vita, cui può accompagnarsi anche un danno di tipo biologico (rappresentato dalla compromissione della salute psicofisica dell'individuo) e di tipo professionale (riduzione dei compensi, perdita di opportunità di carriera, ecc...).

Mobbing e straining: aspetti legali

Non è attualmente presente un'autonoma disciplina legislativa per quanto concerne la definizione dei due fenomeni sin qui descritti e le loro implicazioni. Viene dunque delegato alla giurisprudenza l'onere di inquadrare di volta in volta tali casistiche, definendo, tramite singole sentenze, le tutele del lavoratore vittima di mobbing o di azioni di straining. 

Uno dei presupposti che inquadrano come illeciti determinati atti vessatori, è rintracciabile nell'art. 2087 del Codice Civile, riferito alla Tutela delle condizioni di lavoro. Il datore di lavoro ha l'obbligo di non arrecare danno a sicurezza, libertà, dignità del lavoratore, e dunque anche l'obbligo di astenersi dal porre in essere iniziative, comportamenti e scelte in grado di compromettere l'integrità psicofisica del lavoratore.

Secondo la giurisprudenza, spetta al lavoratore l'onere di provare l'intento vessatorio delle condotte poste in essere dal datore di lavoro, mentre su quest'ultimo grava il compito di provare l'assenza di colpa, dimostrando che decisioni prese o inadempimenti a lui imputati non sono stati sostenuti da intenti discriminatori o persecutori. 

Non esiste tuttavia ad oggi un'autonoma disciplina legislativa per queste situazioni, il compito di definire le tutele del dipendente è demandato alla giurisprudenza. A tal proposito, diverse sentenze sanciscono il riconoscimento in Tribunale dell'esistenza di queste  condotte persecutorie che, ove adeguatamente circostanziate, hanno predisposto sanzioni ai danni del datore di lavoro e risarcimenti in favore delle vittime. La sentenza emessa dal Tribunale del Lavoro di Bergamo, del 20 giugno 2005, rappresenta a tal proposito una delle più emblematiche e chiarificatrici nell'identificare e differenziare le condotte rientranti nella sfera del mobbing ed in quella dello straining, differenziandole in base alle caratteristiche qui precedentemente illustrate. 

In generale gli attuali orientamenti giurisprudenziali in materia riconoscono l'esistenza dello straining come una forma "attenuata" di mobbing, ma non per questa ragione meno meritevole di attenzione. Resta fermo l'obbligo di fornire prove a sostegno degli intenti persecutori di condotte e decisioni prese ai danni del lavoratore: qualora ad esempio questi ritenesse illegittima la rimozione da un dato ruolo o lo spostamento verso altre mansioni, dovrà fornire dati relativi alle proprie performance lavorative, in modo da consentire il raffronto con quanto previsto in fase di sottoscrizione del rapporto di lavoro. 

STRAINING MOBBING SUL LAVORO DIRITTO DEL LAVORO
Condividi l'articolo:
CERCHI UN AVVOCATO ESPERTO IN LAVORO?
Ho preso visione dell’informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei dati.*

Quanto costa il servizio?
Il costo della consulenza legale, qualora decidessi di proseguire, lo concorderai direttamente con l'avvocato con cui ti metteremo in contatto.