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Responsabilità medica: quando è colpevole il medico?

La responsabilità medica, civile o penale, determina i casi in cui un medico è considerato colpevole per lesioni personali o morte. La normativa di riferimento è la legge Gelli-Bianco, ma sono state emanate anche delle sentenze dalle Sezioni Uniti, in merito al rispetto delle linee guida.

Nel nostro Paese si parla spesso di malasanità ed errori medici. Sono frequenti, infatti, i casi di richieste di risarcimento danni effettuate nei confronti di strutture sanitarie. Si possono contare circa 300 mila cause attualmente attive contro i medici. 

Ma, nonostante ciò la questione normativa non sembra essere del tutto chiara, sono in pochi a conoscere le recenti novità in materia.

In poche parole, e generalizzando, possiamo dire un medico è responsabile se non rispetta le linee guida fornita dagli enti sanitari, in merito a un problema specifico.
La responsabilità medica, inoltre, può essere sia civile che penale, e può riguardare la struttura ospedaliera o il singolo specialista.

Il punto di svolta, dal punto di vista giuridico, è rappresentato dalla legge Gelli-Bianco, emanata nel 2017 con lo scopo di scongiurare la cosiddetta “medicina difensiva”, cioè condotte meno rischiose degli operatori del settore, per evitare sanzioni penali. Un comportamento di questo tipo, da una parte sicuramente evita rischi, ma dall’altro anche possibilità di guarigione attraverso tecniche innovative.

Vediamo allora di chiarire il significato delle nuove norme in materia, cercando di capire in quali situazioni è possibile avere un risarcimento danni, e in quali casi c’è una condanna penale del medico.

Cosa si intende innanzitutto per responsabilità medica?​

La responsabilità medica è una forma particolare di responsabilità professionale, caratterizzata dall’inadempimento di obbligazioni connesse alla professione medica.

Si tratta di una responsabilità complessa, in quanto non si può parlare di una responsabilità del singolo professionista, ma di responsabilità gravanti su una pluralità di soggetti: medici, infermieri, assistenti sanitari, etc.

Secondo un’impostazione tradizionale, risalente nel tempo, vi sarebbe una responsabilità contrattuale facente capo alla struttura sanitaria, in virtù del contratto stipulato con il paziente ed una responsabilità extracontrattuale riconducibile al medico. Per la Cassazione del 1979, n. 1716, struttura sanitaria e medico risponderebbero a titolo diverso per il danno cagionato al paziente, non essendovi nessun rapporto contrattuale tra quest’ultimo e il singolo professionista.

A partire dagli anni ottanta, dottrina e giurisprudenza hanno cercato di trovare un fondamento contrattuale della responsabilità del medico, riconducendo il rapporto sottostante nell’alveo dell’art. 28 della Costituzione, del contratto qualificato a favore di terzi (cd. Responsabilità da contatto sociale).

Il riparto dell’onere della prova​

Acclarata, quindi, la natura contrattuale tanto del medico quanto della struttura sanitaria, ai fini dell’ottenimento di una tutela risarcitoria, il paziente deve dimostrare l’esistenza del contratto e l’aggravamento della situazione patologica e/o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento, essendo, invece, a carico del medico o della struttura sanitaria dimostrare che la prestazione è stata eseguita con la necessaria diligenza.

Responsabilità medica: la legge Gelli-Bianco

La legge Gelli-Bianco del 8 marzo 2017 ha modificato le regole per quanto riguarda la responsabilità medica degli operatori sanitari di fronte a situazioni gravi quali lesioni personali o morte dei pazienti.

In particolare l’aspetto più significativo riguarda l’esclusione della punibilità se l’evento si verifica a causa di imperizia, cioè mancanza di esperienza e competenza, ma rispettando le raccomandazioni previste dalle linee guida, definite dalle buone pratiche clinico-assistenziali.

Tale concetto è completamente in rottura con la precedente normativa, cioè il decreto Balduzzi del 2012, che prevedeva la responsabilità medica per colpa lieve o grave di fronte all’imperizia del sanitario.

Per quale motivo è stato introdotto questo cambiamento?

Il legislatore ha cercato di migliorare il rapporto di fiducia tra medico e paziente, che si era incrinato negli ultimi anni, a causa del timore di venire accusati penalmente o civilmente.
Spesso, infatti, chirurghi e altri specialisti si sono sentiti condizionati nelle loro scelte, optando per trattamenti meno complessi, con il timore di sbagliare e ritrovarsi così in Tribunale.

Si tratta della cosiddetta "medicina difensiva" adottata dagli operatori sanitari per evitare di essere condannati. In alcuni casi i pazienti venivano curati pensando più al rischio di essere citati in giudizio, che alle reali necessità mediche. 

Proprio per questo motivo è nata l’esigenza di riscrivere le norme di riferimento per la responsabilità medica, attraverso la legge Gelli-Bianco.

Responsabilità civile

Con la nuova legge del 2017, ci sono stati notevoli cambiamenti anche dal punto di vista civile

In particolare, la responsabilità civile del medico non è più contrattuale, come era previsto dal decreto Balduzzi, ma extracontrattuale. Cosa significa? In caso di lesioni gravi o morte del paziente, non è più il professionista a dovere dimostrare di avere agito correttamente senza sbagliare, ma è la parte lesa a dovere fornire le prove della colpevolezza.
Inoltre, la prescrizione per fatti di presunta malasanità si accorcia da 10 a 5 anni, quindi un soggetto danneggiato ha meno tempo per intraprendere una azione legale.

Si tratta di un cambiamento di prospettiva notevole in termini di responsabilità medica, attuato per scongiurare la “medicina difensiva”.

La responsabilità medica civile della struttura ospedaliera, invece, rimane di natura contrattuale, perciò l’ente dovrà fornire gli elementi utili per provare di avere agito correttamente.La scadenza per la prescrizione in questo caso è rimasta di 10 anni.

Le novità derivanti dalla riforma hanno incentivato i soggetti coinvolti a intraprendere azioni legali contro le strutture sanitarie, invece di citare in giudizio i singoli medici. Decisioni di questo tipo vengono prese anche considerando la maggiore disponibilità economica degli enti, in ottica di ricevere un risarcimento dei danni.

Responsabilità penale

Come abbiamo anticipato, con la nuova riforma è stata attenuata la responsabilità medica, attraverso l’introduzione dell’art 590 sexies del codice penale, che afferma:

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Secondo la nuova normativa, quindi, un operatore che causa lesioni personali o la morte del paziente per inesperienza o per mancanza di competenze, non può essere accusato penalmente per lesioni o per omicidio colposo, se ha rispettato le linee guida previste.

In sostanza un medico può essere citato in giudizio penalmente, solo nel caso in cui non rispetti le indicazioni fornite dall’Istituto Superiore di Sanità in merito alle pratiche da seguire.

Cosa sono le linee guida?

Le linee guida cliniche hanno lo scopo di identificare e riassumere le migliori terapie, valutando il rapporto tra rischi e benefici. Si basano sui dati recenti in merito alla prevenzione, diagnosi, prognosi e cura, e forniscono delle risposte in merito alle decisioni da intraprendere per risolvere determinati casi clinici.

In molti casi sono presenti diverse alternative, suddivise in classi, per aiutare il medico a scegliere quale soluzione adottare. 

In particolare le linee guida servono a:

  • standardizzare le cure
  • aumentare la qualità del servizio
  • ridurre i rischi
  • attuare un equilibrio tra costi e adeguata assistenza medica

Si tratta di indicazioni prodotte a livello nazionale dall’istituto Superiore di Sanità, ma a livello locale gli enti sanitari possono elaborare altre personali linee guida, adattandole alle proprie esigenze.

Le sentenze delle Sezioni Uniti

Le novità introdotte con la legge Gelli-Bianco hanno portato a un contrasto giurisprudenziale, soprattutto legale al ruolo delle linee guida nello stabilire la responsabilità medica.

La riforma sottolinea che un operatore sanitario può essere definito colpevole se non rispetta le linee guida, e non se le pratica in modo sbagliato a causa di imperizia.
Ma le Sezioni Uniti si sono espresse in merito apportando delle modifiche in merito.
Con una informazione provvisoria del 21 dicembre 2017, è stato affermato che il professionista non è automaticamente esonerato dalle colpe, se ha scelto correttamente le linee guida da seguire, ma ha sbagliato l’esecuzione ha scelto erroneamente le linee guida da seguire per un determinato caso.
In ogni caso, se le lesioni o la morte sono provocate da imprudenza o negligenza, ci sarò sempre colpa, anche se lieve.
Nel 2018 c’è stato un ulteriore cambiamento attraverso una nuova sentenza delle Sezioni Unite, che ha modificato e precisato ancora i concetto. E’’ stato deciso che non può essere accusato chi sceglie modalità operative corrette ma commette degli errori nell’esecuzione, come affermato dall’art 590 sexies del codice penale.
Quindi, in base alle ultime sentenze possiamo dire che:
  • può essere condannato l’operatore che non sceglie le linee guida corrette
  •  non può essere condannato chi sceglie le linee guida corretta ma sbaglia l’esecuzione
RESPONSABILITÀ MEDICA COLPA MEDICA RISARCIMENTO DANNI
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