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Licenziamento: quando può scattare?

Il licenziamento di un dipendente a tempo determinato o indeterminato può avvenire in tre modi, secondo la legge: per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo o per giustificato motivo oggettivo. In ogni caso il lavoratore può fare ricorso se non ritiene corretto il provvedimento.

Lo sappiamo tutti molto bene che oggi un posto di lavoro è qualcosa di prezioso che deve essere apprezzato e curato per evitare di perderlo. Nel periodo di crisi economica che stiamo vivendo, infatti, è sempre più difficile trovare una posizione lavorativa in grado di dare soddisfazioni economiche e personali.

Anche le persone più qualificate, con titoli di studio avanzati fanno molta fatica per entrare nel mondo lavorativo, in modo efficace. La concorrenza tra chi cerca un lavoro è molto alta. Quando ci candidiamo per un annuncio, che troviamo in qualche portale online, o presso una agenzia interinale, il nostro profilo viene confrontato con molti altri di simili.

Per queste ragioni, una volta trovato il classico “posto fisso”, è necessario informarsi per capire quando si rischia di violare le norme di riferimento, rischiando sanzioni disciplinari anche gravi. La punizione più severa è infatti il licenziamento, anche senza preavviso, se sussistono determinate condizioni e se il rapporto tra dipendente e azienda non può assolutamente proseguire nemmeno per un solo ulteriore giorno.

Quando può scattare il licenziamento?

Per capire quando si rischia di perdere il lavoro, è fondamentale conoscere quelli che sono i doveri di ogni dipendente, nei confronti dell’azienda in cui lavora.

Non bisogna illudersi che, il “posto fisso”, cioè a tempo indeterminato, sia qualcosa di eterno e intoccabile. A volte, con molta superficialità adottiamo dei comportamenti sbagliati o degli atteggiamenti pericolosi, che possono causare conseguenze anche gravi.

La prima cosa da fare per apprendere le norme da rispettare è leggere il proprio contratto lavorativo, nel quale sono presenti le indicazioni principali. Per avere un quadro completo, invece, è necessario consultare il Codice Disciplinare, presente in azienda e facilmente consultabile dai lavoratori.

In ogni caso, il primo obbligo da rispettare è la subordinazione, nel senso che devono essere seguite le linee guida imposte dal proprio datore di lavoro, e rispettare gli orari stabiliti. Perciò non si deve arrivare in ritardo, e se ci sono degli imprevisti è obbligatorio avvisare per tempo l’azienda, per consentire l’organizzazione delle attività più importanti. In particolare, arrivare tardi per 3 volte in un anno può essere grave.

Nel codice civile, inoltre, vengono elencate alcune categorie di doveri, che ogni dipendente deve rispettare:

  • diligenza: svolgere gli incarichi richiesti con impegno, ma far fronte anche ad azioni accessorie utili per il bene aziendale.
  • obbedienza: rispettare le disposizioni aziendali, se non violano la legge.
  • fedeltà: collegata al divieto di concorrenza e di divulgazione.

Nel momento in cui non vengono rispettate le norme previste, e non si rispettano i doveri che abbiamo elencato, possono scattare delle sanzioni disciplinari, che possono essere:

  • rimprovero verbale: nei casi più lievi
  • ammonizione: una lettera con la quale si contesta un comportamento 
  • multa: 4 ore di retribuzione tolte dalla busta paga
  • sospensione del servizio: per non più di 10 giorni, nel quale non si viene retribuiti
  • trasferimento: in caso di incompatibilità ambientale
  • licenziamento: per i casi più gravi

In particolare, in base al grado di gravità della situazione, è possibile essere licenziati in tre diversi modi:

Il licenziamento per giusta causa 

Si tratta del provvedimento più drastico in assoluto, applicato nel momento in cui un dipendente si rende responsabile di comportamenti particolarmente gravi, che rendono impossibile il proseguimento del rapporto lavorativo. Viene fatto in tronco e senza un preavviso.

Può avvenire, ad esempio, in seguito a:

  • assenze ingiustificate, che causano gravi difficoltà organizzative all’azienda
  • presentazione di falso certificato medico
  • rifiuto a lavorare dopo la malattia
  • abbandono del posto di lavoro, in modo particolare se il dipendente ricopre ruoli di sorveglianza o custodia
  • prestazioni lavorative per altre realtà, durante il periodo di malattia
  • assenze durante le visite fiscali
  • insubordinazione
  • effettuare attività in concorrenza e in contrasto con gli interessi aziendali
  • diffamazione, volta a ledere l’immagine del proprio posto di lavoro
  • falsificazione presenze e cartellino
  • rifiuto a trasferirsi un altro reparto senza valida giustificazione
  • furto
  • reati, anche se commessi nella vita privata, ma in grado di compromettere il lavoro

Ovviamente per per procedere deve essere analizzato anche il rapporto di fiducia che le lega le parti in causa. Quindi, verranno valutate anche la natura del contratto, il ruolo ricoperto, l’intenzionalità e i motivi che hanno spinto un soggetto a comportarsi in tale modo, oltre all’effettivo danno provocato all’azienda.

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è un provvedimento disciplinare meno grave rispetto a quello trattato nel paragrafo precedente.
In questo caso, infatti, il lavoratore viene licenziato con il preavviso previsto dal contratto collettivo nazionale di riferimento.

Il comportamento del lavoratore, perciò, impedisce in ogni caso di proseguire nel rapporto sottoscritto, ma non è presente una gravità tale da rendere il tutto attuabile immediatamente.

Nel caso in cui, la fiducia sia lesa irreparabilmente e l’azienda non voglia mantenere in sede il soggetto, può corrispondere l’indennità di preavviso, e lasciare a casa subito il lavoratore.

Si tratta, comunque, di un provvedimento di tipo disciplinare, perciò può essere effettuato solo in seguito all’avvio del procedimento che prevede le seguenti fasi:

  • la contestazione dei fatti: il datore di lavoro deve inviare una raccomandata A/R o consegnare a mano una lettera nella quale vengono specificati i comportamenti contestati
  • la difesa: entro 5 giorni dalla comunicazione, l’interessato può scrivere le proprie difese, chiedendo anche di essere sentito verbalmente, ma senza la presenza di un avvocato
  • decisione: l’azienda decide come procedere e quale sanzione applicare.

In seguito il lavoratore può fare ricorso, contestando la decisione:

  • entro 60 giorni, inviando una raccomandata o PEC al datore di lavoro
  • entro 180 giorni, depositando il ricorso in tribunale.

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che un lavoratore può essere licenziato per motivi disciplinari, se non rispetta gli obblighi che ha accettato nel momento della sottoscrizione del contratto di lavoro, ma il datore di lavoro può decidere di licenziare un dipendente anche per motivi aziendali. Vediamo, quindi, in quali casi può accadere.

Innanzitutto va sottolineato che, a differenze delle casistiche che abbiamo trattato sopra, si tratta di motivazioni oggettive, cioè non strettamente legate alla al comportamento del soggetto interessato.

A volte le aziende, infatti, hanno la necessità di cambiare il loro modello organizzativo per potersi adattare all’ambiente competitivo di riferimento, ad esempio per avere meno spese di gestione, soprattutto in periodi di crisi economica.

La legge prevede il licenziamento di un dipendente per migliorare:

  • l’attività produttiva
  • l’organizzazione del lavoro
  • il funzionamento del lavoro
  • l’efficienza gestionale

Il caso più frequente è quello di una nuova organizzazione lavorativa per far fronte a una crisi aziendale. Se la società non ha la possibilità di sostenere le spese relative al personale, deve inevitabilmente lasciare a casa alcuni lavoratori, per evitare un fallimento.

In altre situazioni, invece, l’adozione di nuove tecnologie rende le capacità dei lavoratori obsolete e non utili per la produzione. Oppure, certe mansioni possono venire esternalizzate, per avere dei costi inferiori.

In ogni caso è possibile interrompere un rapporto lavorativo per giustificato motivo oggettivo solo se:

  • è necessario sopprimere l’intero reparto di produzione nel quale lavora un soggetto
  • ci sono motivi fondati
  • il licenziamento deve avere motivazioni fondate e non frutto di atti discriminatori
  • non è possibile impiegare il dipendente in altri settori.​
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