Gli atti persecutori sono quei comportamenti estremamente invasivi della vita altrui caratterizzati, dalla ripetizione assillante di atteggiamenti di sorveglianza, controllo e ricerca di contatto o comununicazione, tali da causare uno stato di sofferenza psicologica nella persona che li subisce.
Con il termine “atti persecutori”, meglio conosciuti come stalking, ci si riferisce a quei comportamenti estremamente invasivi della vita altrui che si concretizzano, nella maggior parte dei casi, nella ripetizione assillante di atteggiamenti di sorveglianza, controllo e ricerca di contatto e comunicazione – come ad esempio pedinamenti, appostamenti, telefonate – tali da causare nella vittima disagio, fastidio, preoccupazione ed indurla in uno stato di sofferenza psicologica di ansia e paura per la propria ed altrui incolumità. (c.d. sindrome delle molestie assillanti).
La condotta persecutoria dello stalker viola il diritto all'autodeterminazione della vittima in ordine alle modalità di conduzione della propria esistenza, infatti, per la vittima del reato di stalking le condotte persecutorie possono costituire un intralcio nelle normali abitudini di vita, a volte fino a diventare un incubo esasperante che costringe a mutare quelle abitudini. Si pensi ai casi in cui le vittime di stalking non osano più uscire da sole dall’abitazione e si fanno accompagnare al lavoro, a scuola o nei luoghi di frequentazione abituale da persone di fiducia.
Quando si configura il reato?
Il reato di atti persecutori - stalking - è stato introdotto nell'ordinamento penale italiano con la Legge n.38/2009 che con l'art. 612 bis c.p. disciplina il reato punendo il colpevole con la reclusione da 6 mesi a 5 anni
"chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita
Lo stalking rientra nella categoria dei reati abituali per la cui configurabilità è necessaria la reiterazione di condotte persecutorie di minaccia o violenza.
Le condotte persecutorie devono essere dirette a conseguire almeno uno dei seguenti eventi:
Le condotte persecutorie si possono realizzare nelle forme più diverse, la giurisprudenza ha ritenuto idonei ad integrare il reato anche quei comportamenti che non necessitano della presenza fisica dello stalker, come ad esempio le ripetute telefonate, l'invio di buste, sms, e-mail, la pubblicazione di post o video a contenuto ingiurioso, sessuale o minaccioso sui social network; oltre al danneggiamento le aggressioni verbali alla presenza di testimoni, iniziative gravemente diffamatorie ecc.
La reiterazione delle condotte da sola non è sufficiente per integrare il reato è necessario che le stesse causino l'evento danno che deve consistere nell'alterazione delle abitudini di vita della vittima oppure in un perdurante e grave stato di ansia o paura o in un fondato timore per la propria o altrui incolumità.
L'art 612 bis c.p. al primo comma stabilisce che il reato è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato., il secondo e terzo comma prevedono due circostanze aggravanti.
La prima aggravante, di cui al secondo comma, prevede un aumento di pena fino ad un terzo quando gli atti sono commessi dal coniuge in costanza di matrimonio o anche separato o divorziato o da persona, legata attualmente o in passato da relazione affettiva con la vittima o siano commessi attraverso strumenti informatici e telematici.
La seconda aggravante, prevista nel terzo comma, prevede un aumento di pena fino alla metà nel caso in cui la commissione di atti persecutori avvenga ai danni di soggetti più deboli (minori d'età, donne in stato di gravidanza, persone con disabilità di cui all'art.3 della L. 104/1992) o siano commessi con l'uso di armi o da persona travisata
Il legislatore ha ritenuto che il reato di atti persecutori dovesse essere considerato più grave quando commesso nei confronti di un minore, la maggior gravità rileva nella non piena maturità psico-fisica della vittima in quanto le condotte persecutorie, che già comportano in soggetti maturi la lesione della "serenità psicologica" e la restrizione della libertà morale, avrebbero in un soggetto privo di una piena maturità (c.d. soggetto debole) un ancor più grave ed invasivo impatto.
Inoltre il minore oltre a soffrire al momento della consumazione del reato per la lesione dei beni giuridici tutelati dalla norma potrebbe subire anche gravi ripercussioni sulla sua"maturazione" psico-fisica, e quindi sul suo "percorso di vita". Le stesse considerazioni sono da considerarsi valide anche quando le vittime siano una persona con disabilità (per ciò che attiene al concetto di "persona con disabilità" si rinvia sub art. 3, 1° co., L. 5.2.1992, n. 104) o una donna in stato di gravidanza.
Infine con la L.. n. 38 del 2009 è stata prevista ,al di fuori della disciplina codicistica, un'ulteriore aggravante che ricorre nel caso in cui il delitto di stalking sia commesso da un soggetto precedentemente raggiunto da ammonimento del questore per condotte persecutorie in danno della stessa vittima.
Per quanto riguarda il regime di procedibilità il reato è punito a querela della persona offesa - in quanto trattandosi di beni personalissimi come la libertà, la tranquillità e la salute, spetta alla vittima decidere quando la condotta persecutoria non sia più socialmente tollerabile al punto di decidere di affrontare un processo. Il termine per proporre querela è di 6 mesi che decorrono "dall'evento danno consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante stato di ansia e paura, ovvero con l'evento pericolo consistente nel fondato timore per l'incolumità propria odi un prossimo congiunto" (Cass. n. 17082/2015).
La remissione della querela può essere solo processuale, ossia, può essere ritirata solamente tramite dichiarazione scritta resa davanti ad un giudice che valuterà la spontaneità di tale dichiarazione, diventa irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate gravi commesse con armi, scritti anonimi, da persone travisate o più persone riunite.
Il reato di atti persecutori diventa procedibile d'ufficio nelle ipotesi aggravate previste dallo stesso art. 612 bis c.p., ossia quando il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
Il reato di atti persecutori delinea una fattispecie delittuosa particolarmente logorante per le vittime che vivono in un vero e proprio clima di terrore caratterizzato da un costante stato di ansia e si vedono costrette a modificare le proprie abitudini di vita, per tali motivi si sono previste diverse forme di tutela, quali l'ammonimento, il divieto di avvicinamento, l'allontanamento dalla casa familiare.
L'ammonimento è stato previsto dal Legislatore in materia di stalking (introdotto con la L. n. 38 del 2009), cyberbullismo, quando l'autore è un minore (L. n. 71 del 2017), violenza domestica (L. n. 119 del 2013). è uno strumento giuridico di natura amministrativa che nasce con lo scopo di garantire alla vittima una tutela rapida ed anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale, infatti la vittima può ricorrere alla procedura di ammonimento prima di proporre un'eventuale querela.
L'ammonimento consiste in un "rimprovero" orale del Questore all'autore dei comportamenti antigiuridici, perchè comprenda il disvalore delle proprie azioni e desista dal continuare a porre in essere le condotte persecutorie nei confronti della vittima ed interrompa ogni interferenza perpetrata nella vita della stessa.
Il Provvedimento in esame si realizza attraversa una procedura che si articola in tre fasi:
L'ammonimento deve avere forma orale e dev'essere motivato di ogni passaggio della procedure dev'essere redatto processo verbale con copie rilasciate all'ammonito ed al richiedente.
Le conseguenze per l'ammonito sotto il profilo sanzionatorio sono importanti, infatti, oltre a possibili sospensioni di autorizzazioni per detenzioni di armi e munizioni, se lo stesso non ottempera a quanto formulato nell'invito dalle autorità e persevera nelle condotte persecutorie, si procederà d'ufficio per il delitto di atti persecutori ed in caso di condanna la pena verrà aumentata.
Il legislatore al fine di di assicurare una protezione adeguata alle vittime del reato di atti persecutori ha previsto una nuova misura cautelare coercitiva quella del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282 ter c.p.p.), che prevede una disposizione - da parte del giudice - che vieta all'imputato di avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona persona offesa o che imponga di mantenere una certa distanza da detti luoghi o dalla persona offesa, e se il giudice dovesse ritenere opportuna una maggior tutela può imporre il divieto di avvicinamento anche dai luoghi frequentati dai familiari, conviventi o persone comunque legate affettivamente alla persona offesa.
Inoltre può essere vietato all'imputato di comunicare attraverso qualsiasi mezzo con i soggetti protetti di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 282 ter c.p.p. e con le modalità prescritte e le limitazioni imposte dal giudice quando la frequentazione dei luoghi tra i predetti soggetti sia resa necessaria per motivi di lavoro o esigenze abitative.
L'inserimento di questa nuova misura cautelare si aggiunge a quella dell'allontanamento dalla casa familiare prevista dall'art .282 bis c.p.p.; tale misura non presuppone necessariamente la convivenza tra le parti ma può essere applicata anche quando l'indagato abbia abbandonato il domicilio domestico per intervenuta separazione coniugale.
L'allontanamento è disposto immediatamente in seguito al provvedimento, nonostante la scissione dal nucleo familiare il giudice può imporre all'imputato di pagare periodicamente un assegno al fine di sopperire ad eventuali inadeguatezze economiche della famiglia da cui viene allontanato e per garantire il versamento di tali somme il giudice può ordinare direttamente al datore di lavoro di versare l'assegno. L'ordine di pagamento, inoltre, è titolo esecutivo per cui il beneficiario può provvedere al pignoramento delle somme necessarie.
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