L’intimazione di sfratto è un provvedimento preso da un proprietario quando l’inquilino non paga il canone pattuito, o non lascia l’immobile alla scadenza del contratto. Vediamo come funziona e quali sono le conseguenze.
Un contratto di locazione prevede specifici obblighi che devono essere rispettati dalle parti. In particolare l’inquilino deve pagare regolarmente il canone d’affitto pattuito e deve lasciare l’immobile alla scadenza, se non c’è il rinnovo.
Negli ultimi anni, comunque, complice la crisi economica, accade spesso che il conduttore non riesca a provvedere ai pagamenti come concordato. In tal caso il locatore ha la possibilità di agire anche in modo giudiziale, attraverso l’intimazione di sfratto.
Si tratta di un procedimento particolare previsto dal legislatore per tutelare i diritti del proprietario. Ad ogni modo esso può essere attivato soltanto per quanto riguarda locazioni di immobili ad uso abitativo o commerciale. Non è valido, perciò, per rapporti di comodato e per l’affitto di azienda.
Cerchiamo di capire nelle righe seguenti in quali casi può essere attivata tale procedura e quali sono le conseguenze.
L’intimazione di sfratto è una particolare procedura attivata dal locatore quando il conduttore non rispetta quanto stabilito nel contratto di locazione, regolarmente sottoscritto e registrato presso l’Agenzia delle Entrate.
Si tratta di una soluzione che può essere adottata nelle seguenti situazioni:
In entrambi i casi la procedura che può attivare il proprietario è la stessa.
L’intimazione di sfratto è quindi l’atto attraverso il quale si avvia il procedimento per obbligare l’inquilino ad abbandonare la casa. La domanda va presentata presso il Tribunale in cui si trova l’immobile, come sottolinea l’art. 661 del codice di procedura civile:
Quando si intima la licenza o lo sfratto, la citazione a comparire deve farsi inderogabilmente davanti al tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata
L’atto deve essere notificato alla controparte, e contiene l’invito a presentarsi all’udienza alla data fissata e l’avvertimento che, in caso di assenza il giudice prosegue con la convalida dello sfratto, come previsto dal comma 3 dell’art. 660 c.p.c.:
La citazione per la convalida, redatta a norma dell'articolo 125, in luogo dell'invito e dell'avvertimento al convenuto previsti nell'articolo 163, terzo comma, numero 7), deve contenere, con l'invito a comparire nell'udienza indicata, l'avvertimento che se non comparisce o, comparendo, non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell'articolo 663
La data, comunque, non viene scelta dal locatore, ma dal tribunale considerando che devono trascorrere almeno 20 giorni dalla notifica alla controparte al giorno dell’udienza.
Con l’ordinanza, il giudice condanna l’inquilino anche al pagamento delle spese legali che il locatore ha sostenuto per avviare il procedimento.
Nel paragrafo precedente abbiamo visto in quali casi ci può essere un’intimazione di sfratto, vediamo ora come funziona esattamente questa procedura.
Abbiamo detto che, il giudice deve fissare la data dell’udienza, per discutere in merito alla situazione, indicando i dettagli nell’atto che deve essere notificato all’inquilino. In particolare deve essere sottolineato che se quest’ultimo non si presenta verrà convalidata la procedura.
Ma vediamo cosa può succedere:
Risulta evidente, quindi, che l’inquilino ha la facoltà di opporsi all’intimazione di sfratto, sostenendo le proprie ragioni. Essa può essere presentata con un atto scritto redatto dall’avvocato civilista del soggetto, nel quale vengono indicate le motivazioni della contestazione.
In seguito il giudice può decidere di:
In merito a questa ultima ipotesi va precisato che la prima fase è caratterizzata dalla mediazione obbligatoria, ovvero un tentativo di conciliazione stragiudiziale.
Nei casi in cui viene emesso un provvedimento di sfratto esecutivo, l’inquilino deve necessariamente rilasciare l’abitazione entro il termine pattuito.
Si tratta di un titolo esecutivo, ovvero se il soggetto non adempie spontaneamente all’obbligo, è possibile agire in modo forzato, per consentire al locatore di prendere nuovamente possesso del proprio immobile.
Ad ogni modo prima dell’esecuzione dello stesso, deve essere notificato all’inquilino anche il cosiddetto atto di precetto, ovvero un’intimazione ad abbandonare l’immobile entro 10 giorni, per evitare di essere “cacciato” con la forza.
I seguito l’avvocato del conduttore può chiedere la notifica dell’avviso di sloggio, il primo atto dell’azione esecutiva, contenente la data dell’accesso forzoso. Solitamente si tratta di una accesso interlocutorio, e viene fissata un’ulteriore data. Va detto che ci possono essere vari rinvii, ma l’azione si deve svolgere in un periodo che va da 6 mesi a un anno al massimo.
L’ufficiale giudiziario può avvalersi anche di strumenti di natura coercitiva per entrare nell’abitazione, con l’aiuto di un fabbro e con l’intervento della forza pubblica.
Se l’intimazione sfratto è causata dal mancato pagamento di alcuni canoni d’affitto, l’inquilino moroso ha la possibilità di chiedere al giudice il cosiddetto termine di grazia, ovvero una dilazione di pagamento, prevista dall’art. 55 della legge n. 392 del 1978, conosciuta anche come “Legge sull’equo canone”.
Si tratta di una facoltà concessa a chi si trova in comprovate condizioni di difficoltà economica. La richiesta va fatta durante la prima udienza, e possono essere concessi fino a 90 giorni per saldare il debito, che comprende anche le spese legali sostenute dalla controparte.
Alla scadenza viene fissata un’altra udienza per verificare che siano stati effettuati i pagamenti come stabilito, in caso negativo viene convalidato lo sfratto senza la possibilità di effettuare contestazioni.
Il termine di grazia può essere di 120 giorni, invece di 90, se il soggetto si trova in condizioni economiche precarie derivanti dalla disoccupazione, da una grave malattia o altre difficoltà sorte in seguito alla sottoscrizione del contratto di locazione.
Il conduttore, se reputa l'intimazione di sfratto ingiusta, può procedere con il ricorso, che dovrà essere valutato dal Giudice. Inoltre, sempre lui, può richiedere il cosiddetto "termine di grazia", ovvero concordare una scadenza entro cui saldare il debito.
Di solito, la legge prevede che il termine di grazia non superi i 90 giorni e può essere utilizzato solo per le unità abitative. Non si può chiedere per i locali commerciali. Diversa è la situazione se ci si trovi in uno stato di morosità incolpevole, che si verifica quando il conduttore non riesce a sostenere il pagamento del canone per cause di forza maggiore e non per sua volontà.
Accertato che ci si trovi in difficoltà, il conduttore può accedere al fondo istituito proprio per sostenere le persone che si trovano in difficoltà economiche.
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