Si può rateizzare un decreto ingiuntivo soltanto se il debitore riesce ad accordarsi con il creditore. Nessuna legge impone la rateizzazione, tutto dipende dalla volontà di collaborazione delle parti.
Diciamolo, a volte può succedere di non riuscire a far fronte regolarmente a tutti i pagamenti, trovandosi così a dovere fronteggiare diverse situazioni spiacevoli, accumulando debiti, in pericoloso circolo vizioso.
Soprattutto negli ultimi anni, complice la pesante crisi economica che ha colpito anche il nostro Paese, le azioni di recupero crediti sono diventate sempre più frequenti, e a farne le spese sono proprio i soggetti più deboli, che rischiano di subire il pignoramento dei beni.
Ma, una volta ricevuto un provvedimento giudiziario, è possibile fare qualcosa per rimediare alla situazione, senza correre il rischio di una esecuzione forzata?
La legge non prevede nulla di particolare, se non la possibilità di opporsi, ma le parti in modo discrezionale possono decidere di accordarsi, ad esempio per un pagamento rateizzato della somma.
SI può rateizzare un decreto ingiuntivo, quindi, soltanto se il creditore è disponibile a collaborare, dato che non si tratta di un’azione obbligatoria.
Prima di capire in che modo si può rateizzare un decreto ingiuntivo, è utile fare un passo indietro per analizzare in quali casi può essere notificato un provvedimento di questo tipo.
Innanzitutto va sottolineato che la decisione viene presa da un giudice su richiesta del creditore, con l’obiettivo di imporre il pagamento al soggetto inadempiente entro 40 giorni. Questa fase si svolge senza che la controparte sia presente, infatti si dice "inaudita altera parte". Perciò chi deve pagare il debito, verrà solo avvisato attraverso la notifica dell’atto giudiziario.
L’obiettivo è quello di permettere ad un soggetto di potere recuperare le somme di cui ha diritto, in breve tempo.
Ad ogni modo la controparte, entro 40 giorni, può decidere anche di opporsi al decreto ingiuntivo, nel caso in cui siano presenti dei vizi formali o sostanziali.
Se ciò avviene, come vedremo a breve, si attiverà una vera e propria causa civile.
Se invece il termine utile per l’impugnazione scade, senza che l’interessato abbia deciso di opporsi, può subire un’esecuzione forzata.
In realtà prima di avviare il pignoramento dei beni, deve essere notificato il cosiddetto atto di precetto, una specie di ultimo avvertimento, attraverso il quale si comunica l’avvio della fase esecutiva, se il pagamento non avviene entro ulteriori 10 giorni.
I beni eventualmente pignorati vengono venduti all’asta per ricavare la somma utile a coprire il credito.
L’opposizione al decreto ingiuntivo è possibile se il debitore ritiene che esso contenga dei vizi formali o sostanziali.
A tal proposito l’art. 638 del codice di procedura civile sottolinea che:
La domanda d'ingiunzione si propone con ricorso contenente, oltre i requisiti indicati nell'articolo 125, l'indicazione delle prove che si producono. Il ricorso deve contenere altresì l'indicazione del procuratore del ricorrente oppure, quando è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito.
Se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente possono essere fatte presso la cancelleria
E’ quindi evidente che nell’impugnazione del provvedimento debbano essere indicate le motivazioni di tale scelta.
Possiamo quindi dire che l’ingiunzione di pagamento di compone di due diverse fasi:
Ad ogni modo, dopo 40 giorni dalla notifica il decreto diventa esecutivo, quindi non sarà più possibile procedere. In tal caso l’unica soluzione può essere la rateizzazione dell’importo, per riuscire a pagarlo più facilmente.
Ma, si può rateizzare un decreto ingiuntivo, soltanto se la controparte decide di collaborare e di accettare l’accordo, visto che non c’è nessuna legge che lo impone.
Va sottolineato però, che in alcuni casi il giudice potrebbe emettere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ciò significa che l’azione forzata potrebbe iniziare subito, senza attendere i 40 giorni.
Abbiamo già accennato nei paragrafi precedenti che, si può rateizzare un decreto ingiuntivo soltanto trovando un accordo con il creditore.
L’atto in sè è un ordine di pagamento per l’intero importo, impartito da un giudice su richiesta della controparte. Tutto deve avvenire entro 40 giorni per evitare il pignoramento.
Se ci sono delle valide motivazioni è possibile opporsi all’ingiunzione, in caso contrario, per evitare l’esecuzione forzata si può tentare la strada dell’accordo con il creditore. Non sempre è possibile, dato che la controparte non è tenuta ad accettare la proposta di rateizzazione.
Si tratta, infatti, di una possibilità e non di un diritto. Ad ogni modo, nulla vieta al debitore di contattare l’avvocato dell’avversario, per concordare un piano di rientro.
Se la trattativa ha esito positivo si deve stipulare un atto di transazione, con il quale il soggetto inadempiente si obbliga a versare le somme a scadenze prefissate.
Se non viene accettata la proposta, comunque, è consigliabile versare comunque delle piccole somme una tantum, per dimostrare la buona volontà, ma anche per evitare la procedura esecutiva. Nessun infatti avrebbe l’interesse di agire, se sta già ottenendo ciò che desidera. Inoltre, in tal modo sarà difficile procedere con il pignoramento, dato che la somma da recuperare cambia di continuo.
Si può rateizzare un decreto ingiuntivo con il cosiddetto saldo e stralcio. Come anticipato sopra ci deve essere un accordo tra le parti per potere succedere. Ma vediamo cosa può avvenire.
Con lo stralcio è possibile pagare una parte consistente della somma, stralciando quella rimanente. Di fatto, quindi, il creditore si accontenta di ottenere meno di quanto gli spetta di diritto, per evitare ulteriori azioni legali e chiudere la faccenda.
Ci sono vantaggi per entrambe le parti, da un lato il creditore può recuperare delle somme, quindi avere la certezza di ottenere parte di ciò che gli spetta, dall’altro il debitore non è costretto a versare tutto l’importo.
Anche in questo caso, se l’inadempiente non ha la possibilità di pagare tutta la somma in un’unica soluzione, sono previste delle rateizzazioni, da concordare con la controparte.
Risulta quindi evidente che, pur non essendoci una norma in grado di disciplinare la rateizzazione, si possa tranquillamente agire in tal senso per risolvere la questione in modo più pacifico e meno costoso rispetto a quello giudiziario.
Come abbiamo già, il pignoramento dei beni può essere evitato nel momento in cui creditore e debitore riescono a raggiungere un accordo diverso. Se però il debitore prova a fare il "furbo" dichiarando, ad esempio di essere nullatenente o nascondendo le sue proprietà la situazione si complica.
IL creditore può infatti verificare la presenza di beni e redditi attraverso l'Anagrafe Tributaria, un database in cui sono inseriti tutti i redditi intestati ad un soggetto: può essere una casa, un'auto, ma anche lo stipendio. Con l'autorizzazione da parte del giudice, anche il creditore può accedervi e verificare la situazione di chi deve pagare il decreto ingiuntivo.
Il pignoramento può essere effettuato anche sui redditi delle persone, pertanto il creditore può rivalersi anche sui redditi futuri.
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