Il decreto ingiuntivo ha conseguenze per il debitore. Ciò significa che se non agisce tempestivamente per effettuare il pagamento o per opporsi all’ingiunzione, rischia il pignoramento dei beni, ovvero l’esecuzione forzata.
Negli ultimi anni, come conseguenza della forte crisi economica che ha colpito duramente anche il nostro Paese, sono sempre di più gli italiani che non riescono a far fronte regolarmente a tutti i pagamenti.
Per questo motivo stanno aumentando le richieste di decreti ingiuntivi, da parte di creditori che intendono agire per il recupero crediti.
Tale strumento, infatti, è molto veloce, e nella maggior parte permette all’interessato di risolvere la questione in breve tempo e viene emesso sulla base di un diritto di credito che il creditore ha nei confronti del debitore.
Ma quali sono le conseguenze per il debitore? Cosa succede esattamente dopo la notifica di una ingiunzione di pagamento? Scopriamolo insieme nelle prossime righe.
Il decreto ingiuntivo, conosciuto anche come provvedimento monitorio o ingiunzione di pagamento, è un atto giudiziario attraverso il quale un giudice di pace, su richiesta specifica del creditore, impone all’inadempiente di pagare la cifra di denaro dovuta, o di consegnare una cosa determinata.
Si tratta di uno strumento molto usato negli ultimi anni, in quanto consente di procedere in modo più veloce rispetto alla causa ordinaria. Esso, infatti, viene emesso senza il contraddittorio, e quindi avviene "inaudita altera parte", ovvero senza la necessità di ascoltare la controparte. In pratica è sufficiente che l’interessato dimostri di avere dei titoli validi per potere agire.
Per questo motivo si parla anche di cognizione sommaria, dato che si basa su presupposti superficiali. Ovviamente la sommarietà viene meno nel momento in cui la controparte decide di opporsi al procedimento, come vedremo a breve.
Ad ogni modo, tra le sue caratteristiche principali possiamo elencare:
Va considerato che, una volta ottenuta l’ingiunzione di pagamento, essa vale come titolo esecutivo, quindi legittima il creditore ad iniziare l’espropriazione forzata, ovvero il pignoramento dei beni del soggetti inadempiente.
Ad ogni modo, non è sempre possibile fare tale richiesta al giudice. Per procedere in tal senso, infatti, devono verificarsi le seguenti condizioni:
L’interessato, se sono presenti le caratteristiche appena elencate può fare ricorso presso la cancelleria del giudice competente, che a sua volta avrà 30 giorni di tempo per emettere il decreto, come stabilito dall'articolo 641 del Codice di procedura civile. Se il valore è inferiore o uguale a 1.100 euro è possibile agire di fronte al giudice di pace, senza avere necessariamente un avvocato.
Il decreto ingiuntivo ha delle conseguenze per il debitore, ovviamente. Ma cosa accade esattamente?
Se il giudice accoglie il ricorso per il decreto ingiuntivo, può emettere un’ingiunzione di pagamento:
Nel primo caso l’atto giudiziario deve essere notificato al debitore entro 60 giorni dal momento in cui lo stesso è stato depositato in cancelleria. Il termine è perentorio, ma l’interessato può fare una nuova richiesta al giudice, dopo la scadenza.
Ad ogni modo il debitore può contestare l’atto se lo riceve in ritardo rispetto ai tempi previsti.
In pratica egli può chiedere che il provvedimento venga annullato a causa di vizi formali.
Ad ogni modo se la notifica avviene in modo corretto, il decreto ingiuntivo può avere diverse conseguenze per l’inadempiente. Tutto dipende dalle intenzioni di quest’ultimo, che può agire in tre modi diversi, entro 40 giorni dalla notifica, ovvero può:
Ovviamente nella prima ipotesi non ci sono particolari esigenze, dato che il debito viene saldato, quindi viene risolta la controversia.
In caso di opposizione, invece, viene attivata una causa civile ordinaria, per permettere alle parti di difendere le proprie posizioni e fare valere i propri diritti
Le conseguenze più serie si verificano quando il debitore decide di non fare nulla. In questo caso, infatti, la controparte può chiedere l’esecuzione forzata.
In pratica viene notificato il cosiddetto atto di precetto, per informare l’inadempiente che, decorsi ulteriori 10 giorni, avrà inizio la procedura per il pignoramento dei beni.
Il decreto ingiuntivo può avere conseguenze diverse, se risulta essere provvisoriamente esecutivo.
La notifica deve avvenire sempre entro 60 giorni, ma il creditore non deve attendere 40 giorni per attivare l’esecuzione forzata. Ciò significa che, l’atto di precetto può essere notificato subito e dopo 10 giorni è possibile agire con il pignoramento.
Ma perché succede?
Si tratta di una richiesta fatta dall’interessato e poi approvata dal giudice nei casi in cui ci sia il grave pericolo di pregiudizio nel ritardo.
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente il decreto ingiuntivo ha conseguenze diverse in base alle azioni che intende compiere il debitore.
Ad esempio, quest’ultimo può scegliere di effettuare un’opposizione dal decreto ingiuntivo, come previsto dall’art. 645 c.p.c. Vediamo cosa significa e come funziona la procedura.
Come abbiamo visto, trascorsi 40 giorni il titolo diviene immediatamente esecutivo, quindi si può attivare la procedura per il pignoramento. Per evitare ciò, il debitore deve agire prima di tale scadenza presentando un ricorso per opposizione.
La procedura inizia con un atto di citazione in opposizione, che deve avvenire entro tali termini temporali:
E’ ammessa l’opposizione tardiva solo quando l’interessato riesce a dimostrare di non avere ricevuto in modo tempestivo l’atto, come sottolinea l’art. 650 c.p.c.:
L'intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.
In questo caso l'esecutorietà può essere sospesa a norma dell'articolo precedente.
L'opposizione non è più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione
In questo caso il decreto ingiuntivo ha come conseguenza l’attivazione di una causa civile, che può concludersi nei seguenti modi:
Va sottolineato, comunque, che la sentenza del giudice può essere impugnata nei successivi gradi di giudizio.
Il decreto ingiuntivo ha conseguenze molto diverse da quelle che abbiamo descritto nel paragrafo precedente se il debitore decide di non fare nulla, ovvero di non saldare il debito e di non opporsi al provvedimento.
In tal caso, una volta trascorsi 40 giorni il titolo diviene esecutivo a tutti gli effetti, quindi il creditore, dopo avere notificato l’atto di precetto, può avviare il recupero crediti informandosi sulla capienza dell’ingiunto, ovvero sulla sua disponibilità patrimoniale. La procedura viene quindi avviata dal creditore presentando una formula esecutiva al giudice.
Il decreto ingiuntivo ha conseguenze, quindi, sulle proprietà del debitore. In particolare l’esecuzione forzata può riguardare:
Abbiamo visto che come conseguenza ad un decreto ingiuntivo ci potrebbe essere l’esecuzione forzata, ovvero il pignoramento dei beni del debitore.
Per evitare tutto ciò, è utile sapere che è possibile cercare di trovare un accordo con la controparte anche in seguito all’attivazione della procedura. La legge, infatti, non pone limiti alle trattative tra le parti, anzi cerca di incoraggiarle. Il debitore ha la possibilità di ricorrere alla mediazione o alla composizione della crisi per evitare l'esecuzione forzata. Questi procedimenti speciali consentono di risolvere la controversia tra creditore e debitore in modo pacifico e possono portare alla definizione delle dispute.
Bisogna sempre partire da un presupposto: a nessuno piace sostenere una causa, pagare le spese legali ed essere dipendenti dal tribunale per anni, quindi solitamente sono ben viste le soluzioni che permettono di chiudere subito la faccenda. Come exrema ratio, il debitore può ricorrere alla Corte di Cassazione se ritiene che siano state violate le sue garanzie processuali nel corso del procedimento.
Le parti sono libere di formalizzare gli accordi presi con un documento scritto, o contratto di transazione, per porre fine alla lite.
Si può rateizzare un decreto ingiuntivo?
Nella prassi si può procedere con i seguenti accordi:
Solitamente è il debitore, tramite l’avvocato difensore, a formalizzare l’offerta di transazione tramite raccomandata o PEC inviata al legale che ha avviato il pignoramento.
Il creditore, ad ogni modo, non è tenuto a rispondere, e la procedura non viene sospesa. Solo se l’accordo si concretizza le parti firmano il contratto di transazione e dopo il pagamento il creditore abbandonerà la procedura esecutiva.
Se i creditori sono più di uno, la proposta deve essere sottoscritta da tutti.
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