L’opposizione al decreto ingiuntivo può essere fatta entro 40 giorni dall’avvenuta notifica, attraverso un atto di citazione nella quale vengono descritte le ragioni di tale scelta. Vediamo come si effettua.
In un periodo storico caratterizzato da una forte crisi economica e da una sempre minore offerta di valide posizioni lavorative, tali da permettere a un individuo di potersi mantenere ed avere una vita dignitosa, risultano essere molto frequenti le pratiche per il recupero crediti.
In modo particolare sono molti i cittadini italiani che si vedono recapitare presso il domicilio o la residenza decreti ingiuntivi, volti ad intimare il pagamento dei debiti, per evitare l’esecuzione forzata.
Ma come può agire il debitore? Cosa può fare difendersi? L’opposizione al decreto ingiuntivo può avvenire entro 40 giorni dalla notifica dell’atto, di seguito descriveremo come può essere fatta.
Prima di analizzare dettagliatamente come deve essere fatta un’opposizione a un decreto ingiuntivo è bene precisare in quali casi esso può essere notificato e quali sono le implicazioni.
Innanzitutto si tratta di un provvedimento giudiziale, imposto da un giudice in seguito alla richiesta di un creditore. L’obiettivo è quello di imporre il pagamento al debitore entro una determinata scadenza. Il tutto viene effettuato senza la necessità che entrambe le parti siano presenti.
Infatti, il procedimento è piuttosto veloce e prevede che l’interessato presenti alcune prove al Giudice per dimostrare l’esistenza di un credito certo ed esigibile. Ad esempio si possono presentare fatture, cambiali, assegno, scritture private autenticate, ecc.
Ad ogni modo, come dicevamo, si tratta di una procedura monitoria, dato che in questa prima fase non è necessario interpellare la controparte, infatti in gergo tecnico viene definita come "inaudita altera parte".
Lo scopo, quindi, è quello di permette al soggetto che vuole recuperare delle somme, di agire in breve tempo.
Ovviamente il debitore, una volta ricevuta l’ingiunzione di pagamento, ha il diritto di opporsi ad essa, facendo valere la propria posizione.
Se ciò avviene si attiva una causa civile vera e propria, che può essere molto lunga, anche alcuni anni.
Durante il processo, comunque, sarà sempre il creditore a dovere fornire le prove in merito al diritto di recuperare alcune somme di denaro. In tale sede, comunque, non si possono presentare gli stessi documenti già consegnati al giudice in precedenza, ma è indispensabile fornire ulteriori elementi quali testimonianze o altro.
Ad ogni modo se l’esistenza del debito viene confermata con una sentenza o non si prosegue con l’opposizione al decreto ingiuntivo, il debitore può subire il pignoramento dei beni.
Ciò avviene per potere effettuare una vendita all’asta e guadagnare la somma utile a coprire il credito.
Come anticipato un soggetto che riceve una ingiunzione di pagamento ha il diritto di opporsi ad essa notificando la decisione alla controparte, presso il procuratore o presso l’indirizzo di domicilio o residenza dell’interessato. Tali informazioni devono essere presenti nel decreto ingiuntivo stesso, come specificato dall’art. 638 del codice di procedura civile:
La domanda d'ingiunzione si propone con ricorso contenente, oltre i requisiti indicati nell'articolo 125, l'indicazione delle prove che si producono. Il ricorso deve contenere altresì l'indicazione del procuratore del ricorrente oppure, quando è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito.
Se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente possono essere fatte presso la cancelleria
Nell’opposizione, comunque, devono essere indicate le ragioni per cui si intende contestare l’atto, ad esempio perchè il credito non sussiste magari, o non è stata indicata la cifra corretta.
L’iter, quindi, è composto da due diverse fasi:
Il decreto, comunque, diventa esecutivo dopo 40 giorni, ciò significa che non è più possibile procedere oltre tale limite temporale.
Ad ogni modo, l’esecuzione forzata non avviene subito, in quanto la legge prevede un ultimo step, ovvero la notifica del cosiddetto atto di precetto, una specie di ultimo avvertimento, che impone di effettuare il pagamento entro 10 giorno. Soltanto dopo tale formalità può essere avviato il pignoramento dei beni.
Se si tratta di una opposizione a un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, però, va sottolineato che il pignoramento potrebbe avvenire subito, per poi eventualmente risarcire il debitore, in caso di vittoria.
Recentemente è stato anche ipotizzato di consentire al difensore legale di emanare il decreto, consultando i documenti presentati dal creditore, evitando quindi di attendere la risposta dal tribunale.
Abbiamo detto che esiste un limite massimo per potere fare opposizione al decreto ingiuntivo, ovvero 40 giorni a partire dalla notifica. E’ necessario che entro tale termine l’atto di citazione sia stato consegnato alla controparte. Perciò chi intende contestare il provvedimento non deve attendere l’ultimo minuto, per evitare di sforare la scadenza prevista.
In seguito si avvia un vero e proprio processo civile, che può durare anche diversi anni, per permettere al giudice di valutare attentamente tutte le prove e l’esistenza effettiva del credito in questione.
L’onere della prova, ad ogni modo ricade sempre sul creditore, sebbene la contestazione sia richiesta dal debitore. Tra l’altro egli non può utilizzare i documenti che ha già depositato per ottenere l’ingiunzione di pagamento, ma deve reperire altre prove, come ad esempio testimonianze o atti pubblici.
Risulta evidente, quindi, che nel caso in cui il credito non sia del tutto infondato, o ci siano inesattezze, il compito più difficile è quello del creditore, dato che deve supportare la propria posizione fornendo degli elementi certi.
L’opposizione al decreto ingiuntivo rappresenta la seconda fase del procedimento, attraverso la quale viene aperta una causa civile ordinaria.
Ciò che avviene è una inversione dell’iniziativa processuale, dato che non è presa da chi intende far valere un proprio diritto ma da chi desidera contestare un provvedimento.
Il soggetto opponente, inviando la domanda di opposizione diventa attore, mentre il creditore divine convenuto, dato che si deve difendere.
Ma, l’inversione è solo formale visto che le parti mantengono le posizioni di un normale giudizio e l’onere della prova spetta di fatto al creditore.
Ma quanto costa opporsi?
Chi decide di intraprendere questa strada deve conoscere le spese a cui deve andare incontro, per valutare se sia effettivamente una scelta conveniente dal punto di vista economico.
Innanzitutto è necessario pagare il cosiddetto contributo unificato, ma soltanto per la metà del valore ordinario, visto che una parte è già stata versata dalla controparte per ottenere l’ingunzione di pagamento.
Il costo dipende dal valore della causa, infatti esistono i seguenti scaglioni:
Va considerato anche che, dopo la prima udienza è necessario procedere con un tentativo di mediazione, per cercare di trovare un accordo ed evitare di proseguire con il processo. Si tratta di un procedimento obbligatorio per importi inferiori a 50 mila euro.
Generalmente la spesa è a carico di entrambe le parti, e se non si trovano dei punti in comune è possibile procedere in tribunale, mentre in caso di esito positivo deve essere pagata la parcella del mediatore.
Il costo della causa civile, invece, dipende da molti fattori, ad esempio dalla parcella che chiede l’avvocato civilista, ma anche dalle diverse operazioni che devono essere effettuate.
Ad ogni modo va precisato che, chi perde il processo deve farsi carico anche delle spese legali dell’avversario.
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