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Doppio lavoro: quando è possibile?

Il doppio lavoro è lecito o può essere un valido motivo per il licenziamento per giusta causa? Cosa dice la legge? In quali casi si può svolgere un’altra occupazione? Quali sono i limiti da rispettare? Proviamo a capirlo insieme nelle prossime righe.

Soprattutto nell’attuale periodo storico, caratterizzato da una forte crisi economica, un lavoratore potrebbe avere l’esigenza di fare più lavori, per riuscire a guadagnare uno stipendio complessivo adeguato alle proprie esigenze.

In modo particolare ciò avviene per i part time, mentre per il tempo pieno risulta un po’ difficile la conciliazione con un’altra attività lavorativa. Bisogna, infatti, considerare che la legge impone un tetto massimo di 48 ore settimanali e specifici turni di riposo, come vedremo.

Ciò non toglie, però, che un soggetto possa lavorare come autonomo nel tempo libero, per arrotondare, quindi con la ritenuta d’acconto o attraverso una partita iva. 

In ogni caso, la seconda occupazione non deve essere svolta durante l’orario della prima, e non deve entrare in conflitto con essa. Un dipendente deve sempre rispettare l’obbligo di fedeltà, di riservatezza e il divieto di concorrenza sleale.

Quando è possibile il doppio lavoro? 

Al giorno d’oggi succede spesso, che un dipendente, abbia l’esigenza di impegnarsi in un secondo lavoro per fare fronte alle diverse spese da sostenere.
Ciò avviene in modo particolare quando si tratta di contratti lavorativi part time, che non permettono quindi di avere uno stipendio pieno. 

Quando si presenta una necessità di questo tipo, però, spesso il dipendente non sà bene come comportarsi, non conosce le norme di riferimento, e rischia di non rispettare alcuni limiti imposti dalla legge. E’, quindi, molto importante informarsi per evitare spiacevoli conseguenze come il licenziamento per giusta causa.

A tal proposito la Corte Suprema ha stabilito la necessità di valutare caso per caso per analizzare una eventuale incompatibilità tra due occupazioni, anche se in linea di massima ci sono alcune linee guida da seguire.

In genere l’azienda non può contestare il doppio lavoro di un dipendente, se questo viene svolto al di fuori degli orari lavorativi, non ha ripercussioni sul rendimento, non è in conflitto o in concorrenza con esso.

Ci sono, comunque tre aspetti da valutare per determinare la compatibilità o meno del secondo lavoro:

  • l’orario
  • la concorrenza
  • la riservatezza

L’orario

La legge italiana impone di non superare il limite delle 48 ore lavorative settimanali. Tale obbligo ha l’obiettivo di tutelare il lavoratore, quindi non può accettare più occupazioni se il monte ore totale supera il tetto fissato dal legislatore.

Solitamente, quindi, il doppio lavoro si riferisce a due part time, o a una seconda occupazione come lavoratore autonomo.

Inoltre devono essere garantiti anche:

  • il riposo settimanale, cioè almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni
  • il riposo giornaliero, almeno 11 ore consecutive ogni 24 ore

Anche in presenza di più rapporti lavorativi i limiti di orario e di riposo devono sempre essere rispettati.

La concorrenza

Un altro importantissimo aspetto da considerare, per evitare di subire sanzioni, è il divieto di concorrenza. 

L’art. 2105 del codice civile, infatti, afferma che:

Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizi

Perciò non è consentito svolgere attività alle dipendenze di aziende che operano nello stesso settore, se non c’è il consenso da parte di entrambe.

Si tratta di un divieto che cessa nel momento in cui c’è la risoluzione del rapporto, se non viene stipulato il cosiddetto patto di non concorrenza.

La riservatezza

Il dipendente deve rispettare anche l’obbligo di riservatezza, quindi non può divulgare informazioni, notizie e segreti aziendali in grado di creare un pregiudizio per il datore di lavoro.

La violazione viene punita secondo quanto previsto dall’art. 622 del codice penale:

Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro.

Il doppio lavoro part time

Dopo avere visto in quali casi il secondo lavoro può essere legittimo, vediamo ora di analizzare cosa avviene nel caso di più occupazioni part time.

La Corte di Cassazione si è pronunciata in merito, con la sentenza 13196/2017, affermando che un datore di lavoro non può in alcun modo impedire al dipendente di avere un secondo lavoro, se in orario compatibile e svolto per un settore non in diretta concorrenza. 

Ovviamente un soggetto ha tutto il diritto di cercare un secondo impiego, soprattutto quando il reddito del primo non è sufficiente a garantire un sostentamento dignitoso. 

Ovviamente tale possibilità si può verificare solo con due part time, dato che la legge impone un limite massimo di 48 ore lavorative totali. Quindi un lavoratore non può avere un contratto full time di giorno e uno part time di notte.

E’ possibile, invece, svolgere un’attività autonoma nel proprio tempo libero, per arrotondare, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Il doppio lavoro come autonomo

Succede di frequente che, per guadagnare un po’ di più, un soggetto decida di portare avanti un’attività autonoma, oltre a quella da dipendente.

Ovviamente il tutto deve essere svolto in maniera regolare, quindi con la ritenuta d’acconto o con una partita iva.

In questo caso il datore di lavoro può contestare la situazione se:

  • se non c'è compatibilità di orari
  • se il soggetto agisce in diretta concorrenza con l’azienda

E’ utile precisare che la partita iva è obbligatoria quando l’attività viene svolta in modo abituale e con continuità. In tal senso non è determinante valutare il reddito, come molti pensano, infatti il limite non è di 5 mila euro annuali. Vengono considerati, invece, altri aspetti, come l’organizzazione stessa del secondo lavoro.

Ad esempio fare l’elettricista ogni tanto per alcuni conoscenti è diverso dall’avere un sito web personale, la pubblicità su alcuni giornali, un ufficio, ecc.

Il doppio lavoro in ambito pubblico

Il discorso cambia se dobbiamo ipotizzare un doppio lavoro in ambito pubblico. In questo caso la regola generale prevede che un dipendente pubblico non possa avere un’altra occupazione, salvo alcune particolare eccezioni.

In pratica è vietato:

  • avere altri incarichi presso privati o società con scopo di lucro
  • svolgere attività industriali e commerciali
  • svolgere incarichi non assegnati dalla propria amministrazione

Per alcune occupazioni è necessario avere una specifica autorizzazione, Ad ogni modo esso non deve essere:

  • illecito
  • compromettere l’impegno per la P.A.
  • causare un conflitto di interessi

Non è, invece, obbligatorio chiedere l’autorizzazione per i seguenti incarichi:

  • insegnanti
  • docenti universitari
  • personale sanitario

Quando può scattare il licenziamento per giusta causa?

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto nel dettaglio in quali casi sia possibile svolgere un doppio lavoro in modo regolare. Ma, se non vengono rispettati i limiti che abbiamo elencato ci possono essere delle serie conseguenze per il dipendente sia privato che pubblico.

L’azienda, infatti, potrebbe effettuare un licenziamento per giusta causa, considerando il comportamento del lavoratore piuttosto grave, e in grado di portare dei danni all’attività lavorativa, ad esempio divulgando informazioni delicate, o non rispettando l’orario di lavoro.

Chi viene licenziato in questo modo non ha nemmeno il diritto di ricevere un periodo di preavviso, dato il verificarsi di una totale mancanza di fiducia che rende impossibile il proseguimento del contratto anche per un solo ulteriore giorno.

Ovviamente il soggetto ha poi la facoltà di contestare la decisione, impugnando il provvedimento:

  • inviando una PEC o raccomandata AR all’azienda entro 60 giorni
  • depositando il ricorso in tribunale entro 180 giorni

Secondo lavoro “in nero”: cosa rischia il lavoratore?

Chi lavora “in nero” non commette un reato, se non afferma il falso durante un controllo da parte delle autorità, in questo caso si diventa colpevoli di falso in atto pubblico.


Inoltre, è possibile perseguire penalmente un lavoratore non regolare se percepisce anche l’assegno di disoccupazione, ovvero Naspi. L’ammortizzatore sociale, infatti, è un aiuto economico previsto soltanto per chi perde l’occupazione in modo involontario, e cessa nel momento in cui il soggetto trova un nuovo lavoro.

Percepite l’assegno senza averne diritto significa commettere il reato di indebita percezione di contributi statali o di truffa ai danni dell’Inps.


A tal proposito va detto, comunque, che è possibile mantenere la Naspi se il reddito complessivo non supera 8.145 euro in un anno. Perciò, se la retribuzione non supera il limite indicato, un soggetto può lavorare e ricevere l’assegno di disoccupazione, senza commettere alcun reato.


La questione è diversa, invece, per quanto riguarda il datore di lavoro che assume un dipendente in nero. L’azienda, infatti, deve farsi carico di sanzioni amministrative anche molto salate.


Considerando che per svolgere un doppio lavoro ci sono molti limiti da considerare, come specificato nei paragrafi precedenti, molti pensano di potere arginare il problema accettando di lavorare senza regolarizzare il contratto.


A parte quanto già accennato, va sottolineato anche che accettando tale situazione si diventa evasori, dato che lo stipendio percepito non viene dichiarato all’Agenzia delle Entrate. Il rischio è quello di ricevere un accertamento fiscale e dovere pagare tutte le tasse dovute negli ultimi 5 anni.


Il Fisco può individuare, infatti, delle incongruenze tra il tenore di vita di un soggetto e il reddito dichiarato, ed avviare alcuni accertamenti in merito. A tal punto spetta al contribuente dimostrare la provenienza del denaro, attraverso delle prove scritte certe.

Fonti normative

  • Decreto legislativo 66/2003
  • Art.2105 c.c.
  • Cass. sent. n. 13196/2017
  • Cass. sent. n. 17514/18

LAVORO LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA DOPPIO LAVORO
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