L'istituto giuridico della Mediazione Obbligatoria è lo strumento che permette di risolvere la controversia in maniera veloce ed economica rendendo le parti responsabili della soluzione del loro conflitto.
La "mediazione obbligatoria" è una risoluzione nei confronti dei conflitti che insorgono nella vita quotidiana, molte volte rimaniamo dubbiosi sulla convenienza di adire il Giudice per i tempi, i costi e l'esito incerto della sentenza per tutelare un nostro diritto che riteniamo essere stato leso. Il legislatore ha dato una risposta a questi dubbi istituendo l’istituto della mediazione obbligatoria in determinate materie di mediazione obbligatoria individuate per legge.
Un approccio conciliativo alla lite è tanto più efficace quanto ci sia una volontà culturale rivolta al suo conseguimento, l’intento della legge è stato chiaramente di trovare una soluzione ai carichi giudiziari per le troppe cause pendenti nei Tribunali italiani, tuttavia prevedere obbligatoriamente un tentativo di mediazione prima di potere adire un Giudice è un’occasione importante di soluzione alternativa della controversia e di acquisizione di una cultura volta a una possibile composizione del litigio che convive con la nostra consolidata cultura antagonistica di volere prevalere e vincere sulla controparte.
La mediazione è un’opportunità in più per trovare una soluzione negoziale volontaria in tutte quelle controversie che hanno ad oggetto un diritto disponibile e nelle materie di cui all’art 5 del d.lgs n. 28/2010, per le quali è stata prevista la mediazione obbligatoria per legge.
Spetta agli avvocati e ai loro rispettivi clienti rendere effettivo ed efficace questo istituto di mediazione obbligatoria e ancora di più, se la mediazione/conciliazione viene tentata per scelta volontaria anche al di fuori delle materie di mediazione obbligatoria prefissate dalla legge; tuttavia il procedimento di mediazione/conciliazione è identico sia che si tratti di mediazione obbligatoria sia che si tratti di mediazione volontaria.
Il procedimento di mediazione obbligatoria viene instaurato con istanza a un Organismo di mediazione da parte del soggetto che vuole fare valere un proprio diritto per il tramite del proprio procuratore legale, nella materie in cui é prevista la mediazione obbligatoria questa domanda è condizione necessaria perché possa essere adito il Giudice, in gergo legale si dice che: “il tentativo di mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai fini della causa”; la controparte invitata in mediazione può aderire o meno al tentativo di mediazione obbligatoria. La mancata partecipazione al procedimento di mediazione obbligatoria senza un giustificato motivo prevede per legge delle sanzioni nel corso del successivo processo.
Il procedimento di mediazione è facilitato dalla presenza di un Mediatore terzo ed imparziale che aiuta le parti e i loro rispettivi avvocati a raggiungere un accordo condiviso e soddisfacente per entrambe le parti e che risolva il conflitto.
Non è detto che un primo tentativo negativo di mediazione non ponga le basi per una futura soluzione negoziale, se le parti e i loro avvocati seduti intorno ad un “tavolo di trattativa” assumono consapevolezza dei rischi e degli oneri di una causa e delle opportunità di un accordo concordato; così come spesso iniziare una causa giudiziale può essere il preludio per ricercare una soluzione conciliativa purché vi sia una propensione verso l’istituto giuridico della mediazione quale opportunità ulteriore rispetto alla decisione con sentenza.
La normativa che disciplina la mediazione obbligatoria sono, il D.L. del 21 giugno del 2013 n. 6, il D.lgs del 4 marzo 2010 n. 28 e il D.M.18 ottobre 2010 n. 180, in specifiche materie di diritto civile e commerciale prefissate il legislatore richiede propedeuticamente la necessità di cercare una soluzione negoziale.
Mediazione obbligatoria materie, sono indicate dall’art. 5 D.lgs n. 28/10 e riguardano quelle controversie aventi ad oggetto:
La legge disciplina la mediazione obbligatoria ma anche la mediazione delegata in cui è il Giudice a fini deflattivi che invita le parti a rivolgersi a un Organismo di mediazione al fine di tentare di giungere a una conciliazione.
Un‘altra tipologia di mediazione è quella volontaria, un individuo o un’azienda può invitare discrezionalmente la controparte in conflitto a risolvere la controversia attraverso l’ istituto giuridico della mediazione/conciliazione e ciò è possibile per ogni “diritto” di cui si può disporre per legge.
In materia di diritto di famiglia dove c’è la necessità di salvaguardare il più possibile i rapporti di parentela e di tutelare i figli in particolare i minorenni, l’istituto assume una particolare valenza giuridica tanto che si è sviluppata una apposta branca della mediazione, la mediazione familiare.
Ma anche nei rapporti commerciali, l’accesso alla mediazione volontaria è un’occasione per le aziende e può riguardare:
Specialmente nella mediazione aziendale, la mediazione è uno strumento che garantisce la salvaguardia dei rapporti preesistenti (ma questo, vale anche per i privati) in vista del loro mantenimento nel futuro, soprattutto nei confronti delle controversie con in fornitori, che possono risultare essenziali per la crescita dell’azienda e permettere una maggiore competitività assicurata dal più rapido recupero dei crediti, che attira nuovi investitori.
Il concetto può essere spiegato con una filastrocca, "la novella delle due sorelline e dell'unica arancia":
Claudia e Patrizia sono sorelle e si bisticciano l’unica arancia rimasta in casa, ognuna delle due non vuole sentire ragioni, vuole l’arancia per “se”, si litigano, si tirano i capelli e piangono rinfacciandosi vicendevolmente chi per prima l’aveva vista, ritenendola come propria. La mamma rientrata stanca e stressata dal lavoro, dopo mezz’ora della solita nenia e dei capricci delle due bambine, prese l’arancia la divise in parti uguali e dopo due sculaccioni disse loro che non le voleva più sentire litigare. Patrizia che era molto cocciuta non si voleva dare per vinta, l’aveva vista per prima, dunque l’arancia era tutta sua. La nonna molto paziente e scrupolosa per evitare che le bambine prendessero altri sculaccioni, le prese sulle ginocchia chiedendo loro perché non volevano condividersi l’arancia. Claudia tra le lacrime rispose: che voleva fare con la scorza un dolce; mentre Patrizia disse che: voleva bere una spremuta per merenda. La nonna esclamò: Behh!! Mie care bambine, se così stanno le cose, ognuna di voi può avere tutta l’arancia!
Il racconto molto banale è però significativo: mette in evidenza i problemi di carattere distributivo, presenti in ogni conflitto ed in ogni lite giudiziaria che bisogna necessariamente risolvere, generalmente attraverso una decisione del Giudice con sentenza, la quale stabilisce: “a chi spetta cosa”, “quali sono le spese del giudizio” chi le deve sostenere o se debbono essere compensate tra le parti” e un aspetto più creativo diretto a apportare valore aggiunto all’occasione del conflitto con un approccio diretto al problem solving.
Le parti in lite tra di loro, difficilmente riescono ad andare oltre alle loro posizione di diritto e alle loro questioni di principio, l’aspetto emotivo di ogni conflitto non permette di indagare quelli che sono gli effettivi bisogni delle parti. “Bisogni” che, se fatti emergere possono portare ad un accordo (c.d. conciliazione) soddisfacente per entrambe.
Difficilmente gli avvocati che assistono le rispettive parti possono arrivare a un accordo extragiudiziale diretto tra loro per mezzo degli istituti giuridici della transazione e della negoziazione assistita (salvo siano specialisti in negoziazione e credano nella stessa quale etica professionale), che eviti la causa davanti al Giudice, perché l’avvocato in virtù del rapporto fiduciario è tenuto a perorare le richieste, le posizioni e le questioni di principio del suo cliente, pena una brutta figura nei confronti dello stesso se non addirittura un’accusa di infedele patrocinio. Questo porta entrambi gli avvocati a confliggere fra di loro nell’interesse degli assistiti in modo antagonistico, senza riuscire a indagare quelli che sono gli effettivi bisogni e interessi sottesi alle pretese dei loro clienti.
Gli avvocati dovrebbero in un’ottica negoziale improntata al problem solving sfruttare le differenze di interessi tra le parti per trovare soluzioni creative che potrebbero anche allargare l’ambito del conflitto e venire a disciplinare interessi e bisogni più ampi tra le parti, rispetto alle questioni in gioco all’origine della disputa, permettendo la soluzione del conflitto attraverso un accordo più ampio che un Tribunale non imporrebbe mai.
Per questo l’inserimento nella lite di un Terzo soggetto imparziale “Il mediatore” è determinante per per la buona riuscita della mediazione diretta alla conciliazione, ossia un accordo fra le parti, che altro non è che un contratto, il mediatore aiuta le parti e i rispettivi avvocati alla cooperazione verso il raggiungimento di una soluzione condivisa.
Le parti nel procedimento di mediazione obbligatoria sono protagoniste nella ricerca della soluzione della controversia e si assumono la responsabilità diretta della loro lite, aiutate in questo dalla professionalità del mediatore che funge da facilitatore, nonché dall’assistenza dei rispettivi avvocati che tradurranno in accordo (contratto) quanto le parti avranno stabilito in mediazione, garantendo che il contratto sia conforme alla legge all’ordine pubblico e al buon costume e tuteli in modo garantistico e satisfattivo la propria parte assistita attraverso una soluzione negoziale rispettata e durevole nel tempo.
E’ evidente che un contratto di conciliazione, come qualsiasi altro tipo di contratto non verrà firmato dalle parti se non vi è una reciproca soddisfazione. Il Giudice nell’emanare la sentenza mai verrà a indagare sui bisogni delle parti, perché deciderà solamente sulla base della domanda introduttiva (principio di corrispondenza tra chiesto è pronunciato art. 112 c.p.c.), ossia sulle posizioni giuridiche esposte quale oggetto dell’istanza, dirimerà il conflitto tra le parti secondo lo schema relazionale vincente – perdente, nella decisione della causa.
La legge n. 69 del 2013 di reintroduzione della mediazione obbligatoria civile e commerciale (dopo la pronuncia della Corte Costituzionale che ha stabilito la costituzionalità dell’istituto), ha attribuito al verbale positivo di conciliazione e all’allegato accordo, sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati e dal mediatore, il valore di titolo esecutivo (come la sentenza e il decreto ingiuntivo) con la possibilità di procedere direttamente all’esecuzione in caso di mancato rispetto dell’accordo.
Indubbiamente l’approccio dell’avvocato e del suo cliente verso è l’istituto della mediazione obbligatoria è determinante ai fini della soluzione negoziale della lite.
La presenza nel procedimento di mediazione obbligatoria di un soggetto terzo e imparziale “Il mediatore”, permette agli avvocati coinvolti di rendere più efficace il loro lavoro di conciliazione senza tradire il rapporto fiduciario con l’assistito, in quanto sono le parti stesse aiutate dal mediatore e coadiuvate dai rispettivi difensori a essere protagoniste nella ricerca di quelle soluzioni che permettono di giungere ad un accordo soddisfacente e dirimere il conflitto.
L’avvocato che assiste il proprio cliente in mediazione obbligatoria provvede: qualora sia il cliente a fare l’istanza di mediazione obbligatoria, a curare e gestire la fase introduttiva presso la segreteria dell’Organismo di mediazione scelto e assiste e tutela il proprio cliente nel procedimento di mediazione obbligatoria e di eventuale conciliazione con la stesura di un accordo a garanzia dei suoi interessi per il presente e per il futuro. Nel caso in cui il cliente si rivolga all’avvocato perché invitato con raccomandata a partecipare a una mediazione obbligatoria instaurata dalla controparte, l’avvocato valuterà col cliente di partecipare o meno alla mediazione obbligatoria, oppure di partecipare e aderire oppure di partecipare ma non di aderire al procedimento di mediazione obbligatoria. Se non aderisce, verrà rilasciato un verbale negativo dall’Organismo di mediazione; se aderisce alla mediazione obbligatoria e si trova un accordo di conciliazione, gli avvocati presenti redigeranno il contratto di conciliazione in modo garantistico per rispettivi clienti sulla base dell’accordo raggiunto fra di loro; se si aderisce ma non si giunge all’accordo, allora la mediazione obbligatoria si concluderà con un niente di fatto attraverso un verbale negativo, con la possibilità inalterata di rivolgersi al Giudice per far valere i propri diritti avendo soddisfatto la condizione di procedibilità imposta per legge.
Gli Organismi di mediazione sono autorizzati dal Ministero della Giustizia e iscritti con apposito numero in un Registro dallo stesso gestito, l’Organismo prescelto, sceglie il mediatore incaricato a dirigere il procedimento di mediazione obbligatoria; c’è la possibilità della parte istante di scegliere il mediatore del procedimento di mediazione obbligatoria, qualora lo statuto dell’Organismo lo consenta.
Il procedimento di mediazione obbligatoria è caratterizzato dall’informalità della procedura ma ha garanzie di riservatezza e segretezza dei fatti e dei documenti presentati al suo interno.
La conclusione positiva della lite, con un accordo conciliativo permette alle parti la definizione della relazione conflittuale secondo lo schema “vincitore-vincitore” provocando una reciproca soddisfazione.
La mediazione obbligatoria/conciliazione non può certo essere considerata la panacea di ogni male, ci sono controversie in cui l’istituto non può essere applicato nelle materie diverse da quelle previste dall’art 5 del d.lgs 28/10 per l’appunto “materie di mediazione obbligatoria”, tuttavia anche nelle materie che non rientrano tra le materie di mediazione obbligatoria il legislatore, a fini deflattivi del contenzioso giudiziario, ha previsto in ogni caso un tentativo di conciliazione rilasciato all’iniziativa dei rispettivi avvocati, attraverso l’istituto della negoziazione assistita, qui, ancora di più, lo spirito negoziale dei legali e degli assistiti è fondamentale per il raggiungimento di un accordo positivo, è comunque possibile per le parti adire un Organismo di mediazione ai fini di una mediazione volontaria; oppure può trattarsi di una lite dove la mediazione obbligatoria non risulta il migliore mezzo di tutela rispetto alla soluzione giudiziale, a volte l'interesse di una parte ad essere scagionata pubblicamnete è talmente forte da non poter essere soddisfatto senza una sentenza; ma sicuramente la mediazione obbligatoria è uno strumento molto efficace se viene utilizzato dalle parti e dai loro difensori senza un preventivo pregiudizio verso l’istituto della mediazione.
Il titolo scelto è volutamente provocatorio: ma ritengo che la scelta del legislatore italiano di disciplinare per legge (Dlgs n. 28/2010) la mediazione civile e commerciale come obbligatoria sia stata uno stimolo nell’accrescere la consapevolezza che la conciliazione è opportuna; infatti, se sviluppata e praticata viene a coltivare un terreno via via sempre più fertile per l’evoluzione dell’arte della negoziazione e della nostra cultura di mediare.
Come avvocato mi piacerebbe aiutare i miei clienti a prevenire un possibile conflitto prima del suo insorgere disciplinando contrattualmente e minuziosamente i vari rapporti commerciali, personali e familiari quando le cose vanno bene e tutto fila liscio ma in tale fase nessuno pensa di rivolgersi all’avvocato, magari anche per scaramanzia! Quando il conflitto si è ormai consolidato, ritengo un’ottima e auspicabile idea pensare all’istituto della mediazione/conciliazione obbligatoria e/o facoltativa per i miei clienti, per tentare quanto meno di risolvere soddisfacentemente la lite; sovente riscontro ancora oggi dopo anni, una certa malafede culturale per la mediazione.
Partendo dai bisogni delle persone, noi avvocati abbiamo la capacità di applicare il diritto in modo tale da confezionare un accordo che tuteli effettivamente i diritti dei nostri assistiti, con reciproca soddisfazione dei clienti e anche a mio avviso dei professionisti; mentre sovente prevale la mentalità dello scontro in cui deve prevalere la logica, anche utilitaristica, dell’esistenza di un vincitore e di uno sconfitto decretato da un Giudice; tutto ciò, nella maggior parte dei conflitti può essere evitato grazie ad una soluzione negoziale della lite.
La necessità del legislatore del 2010 di introdurre il tentativo di mediazione obbligatoria in diverse e rilevanti materie di mediazione obbligatoria nasce dall’emergenza dell’arretrato del contenzioso civile, nonché dalla crisi economica e finanziaria, per cui il ricorso alla necessità della mediazione obbligatoria civile e commerciale doveva essere effettuato per riportare gli investitori stranieri nel nostro Paese e garantire a tutti una giustizia realmente efficiente. Tuttavia l’istituto imposto per legge da esigenze contingenti non ha trovato una previa sensibilizzazione sociale e un substrato culturale adatto ai valori sottesi agli strumenti conciliativi, il nostro tessuto socio-culturale non è capace di contrastare la nostra natura di popolo litigioso.
Anche la crociata anti-conciliazione compiuta da alcuni esponenti dell’avvocatura poteva avere le propria ragione di essere nel momento in cui fu introdotto l’istituto, perché il mancato coinvolgimento degli avvocati nella formulazione e applicazione della normativa poteva far sentire l’obbligatorietà della mediazione come esautoramento delle proprie competenze e della propria professionalità. Il legislatore aveva previsto per la parte la possibilità di presenziare nel procedimento davanti al mediatore senza l’assistenza di un avvocato e questo poneva un serio pericolo per “la tutela dei diritti e l’effettività della giustizia”. Tuttavia, il legislatore del 2013 ha ovviato all’inconveniente stabilendo che: “la parte deve stare in mediazione obbligatoria necessariamente con l’assistenza di un avvocato”, ma nonostante, tale correzione, un pregiudizio a sfruttare tutte le potenzialità dell’istituto di mediazione obbligatoria persiste in molti operatori del diritto.
Alcuni avvocati continuano a propugnare l’antico brocardo “causa che pende, causa che rende”, altri sono coscienti che una soluzione rapida della controversia conviene anche a loro, i quali ottimizzano le proprie risorse con riscontri immediati, ma è evidente che una cultura della conciliazione è ancora lontana dall’affermarsi in Italia per cui manca, anche in noi operatori giuridici, una scelta consapevole e convinta sulla bontà dell’istituto giuridico della mediazione obbligatoria.
Nonostante l’attuale sensibilizzazione ai valori della mediazione da parte di numerosi organismi di categoria e di associazioni sociali, ritengo che in primo luogo, per ridurre la litigiosità degli italiani sia necessario sviluppare nei ragazzi e nei giovani, educando maggiormente nelle famiglie, nelle scuole, nelle università, i valori della solidarietà, della fratellanza e del perdono (non inteso come impunità).
Un soggetto particolarmente non sensibile a tali valori, di contro potrebbe sentire l’obbligo di tentare la mediazione obbligatoria/conciliazione della controversia, solo come un mero ostacolo burocratico alla piena realizzazione delle proprie ragioni.
Si riterrebbe opportuno invece, secondo l’intenzione del legislatore di rendere “la giustizia per tutti realmente più efficiente” sviluppare una giustizia diversa e alternativa, dove un ruolo primario bisognerebbe essere attribuito alla competenza degli avvocati che si dovrebbero adoperare per chiudere i procedimenti prima del vero e proprio contenzioso.
Gli avvocati dovrebbero in un’ottica negoziale improntata al problem solving sfruttare le differenze di interessi tra le parti (proprio come ha fatto la nonna della filastrocca con le nipotine). Questo comporta ricercare effettivamente gli interessi oltre le posizioni di principio e le questioni di diritto, ma gli avvocati e i clienti che partecipano a una controversia temono che rilevando unilateralmente delle informazioni corrano il rischio di essere sfruttati: “Se ammetto i punti deboli della mia causa, la controparte trarrà vantaggio da quelle valutazioni sincere, senza ammettere i difetti delle proprie argomentazioni giuridiche”. Il comportamento tenderà ad essere più radicale e aggressivo che trasparente, allo scopo di assicurarsi ogni possibile vantaggio distributivo.
Ne risulta che ognuno si tiene ben strette le proprie carte, blatera ad alta voce sulla propria forza e magari scommette su un esito superiore al valore della causa stessa. Ognuno ha bisogno dell’arsenale per segnalare che è disposto a combattere, ma trarrebbe solo dei vantaggi, se entrambi si accordassero per ridurre la scorta delle armi. Il problema che nessuna delle due parti vuole essere la prima a deporre le armi e sfruttasse le opportunità dell’istituto della mediazione obbligatoria.
Il risultato di una causa è sempre potenzialmente incerto per le parti, la decisione verrà presa sulla base della giurisprudenza applicata dal singolo Giudice e proposta dagli avvocati in relazione alle sentenze relative a casi simili e situazioni analoghe sulle quali si è già pronunciata la Suprema Corte o altri Tribunali in maniera spesso contrastante. L'avvocato della parte, indicherà l'indirizzo giurisprudenziale più favorevole al proprio assistito nel tentativo di convincere il Giudice della fondatezza della propria difesa legale alla soluzione della causa.
La mediazione trova il suo ambito naturale nei paesi anglosassoni, in Inghilterra si utilizzava già a partire dagli anni Novanta attraverso una forte e capillare sensibilizzazione della società civile e della comunità giuridica su tali tematiche. Negli USA gli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie ADR (Alternative Dispute resolution) sono stati concepiti e sviluppati a partire dai primissimi anni Ottanta. Il largo successo negli USA di tali prassi ha radici profonde, in primo luogo in un contesto storico-culturale in cui la risoluzione fuori dalle Corti era una aspetto importante dell’etica e della prassi dei primi coloni inglesi, dove il ricorso al processo era scoraggiato a favore della mediazione all’interno della comunità del conflitto. Tale diffusione ha trovato il suo fondamento in una collaborazione che si è perfezionata nel tempo tra legislatore e comunità giuridica, nella quale i metodi di risoluzione delle controversie sono stati promossi con la piena partecipazione e con l’ausilio di avvocati e magistrati.
Spesso ho ceduto all’insistenza del mio assistito di volere andare necessariamente davanti al Giudice, anche quando c’erano possibilità di esplorare possibilità negoziali chiedendomi: “io non faccio sconti a nessuno, per me avvocato è una questione di principio!”. L’esperienza mi ha insegnato che in questi casi è meglio rinunciare al potenziale incarico; se consiglio il cliente sull'opportunità di risolvere la lite con la mediazione deve affidarsi specie se si tratta di materie di mediazione obbligatoria, perché il cliente quando intraprende una causa non conosce ancora i gangli della giustizia: i suoi i tempi interminabili, “una causa ordinaria dura in media 7/8 anni”, (quando il valore della lite è molto elevato ci sono molte probabilità che la causa prosegua in Corte d’Appello e poi in Cassazione), per non parlare delle spese vive ”marche da bollo, contributi e imposte di registrazione atti” da pagare allo Stato (la giustizia civile in Italia è divenuta ormai un privilegio per ricchi); l'assistito, prima si scoraggia, poi si stufa, per finire col perdere la fiducia nel proprio avvocato.
Il focus è sempre sull’interesse del mio assistito, utilizzare la strategia più breve e idonea per soddisfare il suo problema, la sua afflizione, prendendomi carico del tuo grattacapo e cercando di risolverlo nel migliore dei modi possibile. Le tecniche negoziali utilizzate all’interno di un procedimento di mediazione obbligatoria mi hanno dimostrato che coniugare le giuste dosi di empatia e di assertività nei confronti della controparte hanno permesso negli anni di ottenere risultati vantaggiosi per le parti che ho assistito.
Avv. Alessandro Taddei
AT StudioLegale
La procedura di mediazione obbligatoria volta alla conciliazione presenta notevoli e indiscussi vantaggi quali:
Il 30 giugno 2023 segna l'entrata in vigore dell'ultima fase delle nuove disposizioni introdotte dalla Riforma Cartabia riguardanti la pratica della mediazione civile e commerciale.
Con questa modifica, la mediazione diviene obbligatoria non soltanto per le controversie concernenti condomini, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, comodati, affitti di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e diffamazione tramite mezzi di stampa o altra forma di pubblicità, ma si estende anche a questioni relative a associazioni in partecipazione, consorzi, franchising, opere, reti, somministrazioni, subforniture e società di persone.
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